la parità finalmente, donne in pensione a 65 anni

14 giugno 2010 di: Daniela Dioguardi

Sono davvero indignata. Finalmente sono riusciti ad innalzare a 65/66 l’età per la pensione di vecchiaia delle donne! E’ bene sottolineare in modo obbligatorio, e non come libera scelta su cui saremmo state tutte d’accordo. Era da anni che governi di destra e di sinistra ci tentavano, e adesso è arrivato l’alibi della risoluzione europea. Hanno corretto, così dicono, una discriminazione nei confronti degli uomini: non era equo che le donne andassero in pensione prima, considerato che tra l’altro vivono più a lungo. Chiaramente è meglio non approfondire come vivano….

E noi sbadate che non c’eravamo accorte di essere delle privilegiate! Anzi osiamo pensare che ancora oggi esistano disparità e ingiustizie nei confronti del genere femminile. I dati Istat dicono, dobbiamo pensare mentendo, che le donne italiane lavorano in media 3 ore in più al giorno degli uomini. Tre anni fa gli economisti de “La voce.info” hanno calcolato che il lavoro svolto dentro le mura domestiche equivale a 433 miliardi di euro: all’incirca un terzo del Pil annuale del nostro paese. A sobbarcarsi il peso maggiore sono ovviamente le donne. Questo enorme e prezioso lavoro di cura regge di fatto la società italiana ma la politica con la P maiuscola, la politica dei Brunetta e dei Tremonti e purtroppo anche di tante politiche donne, finge di non accorgersene.

E’ un’attività non retribuita, non riconosciuta, che assicura allo Stato un notevole risparmio e un di più di civiltà, di cui purtroppo non sempre le stesse donne sono consapevoli.

Nel paese tra quelli a più alto tasso di retorica sulla maternità, annoveriamo il paradosso che mettere al mondo una creatura ai fini pensionistici, e non solo, vale meno anzi niente rispetto ad un anno di servizio militare o di servizio civile. E’ anche per questo che abbiamo un indice di maternità quasi uguale a zero?

Siamo tra i paesi in cui si fa meno per sostenere il desiderio di maternità, in cui è bassissima la percentuale di asili nido, altissima quella di disoccupazione femminile e potremmo continuare a elencare aspetti e settori che riguardano la vita delle donne che ci vedono agli ultimi posti delle graduatorie europee. La professione di insegnante, svolta prevalentemente dalle donne, in Italia è retribuita meno della gran parte degli altri Stati e, guarda caso, contemporaneamente all’innalzamento dell’età pensionistica delle donne, si tagliano gli stipendi di chi lavora a scuola.

D’altronde la pazienza non è una virtù femminile?

La parità, oltre ad essere un inganno, è sbandierata ipocritamente quando conviene. Tuttavia allegre ragazze, il governo si è impegnato a mettere il risparmio che otterremo, non si è capito bene in quale anno prossimo futuro, in un fondo per la famiglia e la maternità. A parte la legittima preoccupazione su cosa intendano per famiglia, sono sotto gli occhi di tutte/i i presupposti economici, politici e sociali per credere a queste solenni affermazioni.

Per finire, come dice Vauro, con un po’ di ottimismo, per fortuna che almeno le donne presenti nelle Istituzioni hanno fatto la loro parte (sic!), protestando e opponendosi accanitamente ad una scelta il cui dato certo nell’immediato è un peggioramento delle condizioni di vita delle donne. Tutto il resto solo chiacchere.

(madre e figlia in Vespa, 1963)

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