letterate a Palermo, colloqui con Emma Dante

29 settembre 2010 di: Gisella Modica

Si è svolto il 17 e 18 Settembre, alla Vicaria, il seminario «A scuola di teatro con Emma Dante», promosso dalla Società italiana delle letterate (Sil), e organizzato da Pina Mandolfo socia della Sil a Palermo. «Venite voi giù invece di andare io su», lo ha voluto Emma Dante, di svolgere il seminario «in questa città latitante da me tanto rappresentata nei personaggi e nel dialetto, ma che non si prende cura del mio lavoro. Quando la tua città ti rifiuta, e non ti apprezza, è come se a rifiutarti fosse tua madre». Parole forti, come lo è Emma Dante e il suo teatro. Averla ascoltata fa parte del progetto della Sil di “utilizzare” il teatro, il cinema, l’arte – oltre che naturalmente la letteratura scritta dalle donne – per leggere il mondo, capire quello che ti succede intorno, soprattutto quando, mai come adesso, il linguaggio e l’informazione corrente non lo fa, perché incapace, o complice del potere.

Basterebbero tre titoli dei tanti convegni Sil, svolti nel corso del tempo, per averne conferma: Letteratura e Politica; Poetiche Politiche; Leggere e Scrivere per cambiare il mondo. Seguendo in questo la tradizione, e dialogando con le “madri” che per prime hanno coniugato scrivere con l’impegno politico: da Crista Wolf a Simone de Beauvoir , da Mary Wollestonecraft a Virginia Woolf, non per il solo piacere di leggere ma «per orientarsi nel mondo», come è scritto sul sito della Società delle letterate. Leggere Palermo attraverso il teatro e la lingua di Emma Dante, dunque, attraverso i personaggi maschili e femminili da lei creati, e dialogare con lei per capire meglio quanto affermato nell’intervista rilasciata a Bia Sarasini, presidente della Sil, dove Emma Dante parla di «una preistoria presente nella contemporaneità»; che parole come «giovani d’oggi» non vogliono dire niente; che cambiano i modi, il look, ma i tabù restano, e che niente è cambiato.

Nemmeno la libertà sessuale femminile? domanda Bia Sarasini. «Nemmeno. Solo facciamo finta – sostiene Emma Dante -. Ciò che rimangono sono i corpi dilaniati e il loro urlo, nonostante internet». Ecco, mi piacerebbe riflettere su questo, anche se Emma Dante non accetta la distinzione tra scrittura maschile e femminile. Ma questo poco importa, visto che tutto il suo teatro, dal mio punto di vista, è, suo malgrado, uno sguardo di femmina sulla città e sulla vita (non me ne voglia Emma Dante). Una femmina che dice la verità, parla controcorrente, non fa sconti, non si mostra accomodante, come lo sono le donne, certamente non tutte, ma certamente più degli uomini. Lo sguardo di una donna libera, che facendo il teatro che fa, in questa città fa politica. Senza che questo debba comportare una sua candidatura alle prossime elezioni, come ha ironicamente avvertito. Non a caso il seminario per metà è stato un suo personale racconto sull’impossibilità di fare il suo teatro a Palermo; che è costretta a “ridimensionarlo” anche in relazione alle potenzialità tecniche che la Vicaria, la sede del suo laboratorio teatrale, le consente. Perché le luci e i costumi in un teatro sono importanti quanto la bravura degli artisti e della regista, e quindi per questo, ha detto, «il mio teatro non sarà mai un grande teatro, come i miei attori meriterebbero». E come meriterebbe una grande città come Palermo.

Del resto, mi domando, perché questa città amministrata da gente arrogante, interessata solo al suo particolare, che ha perso memoria, spessore, e profondità, e non si cura dei propri figli, dovrebbe dare riconoscimento ad una donna che ad ogni rappresentazione glielo ricorda? Perché una città come Palermo dovrebbe dare riconoscimento a persone come lei, o come Letizia Battaglia, o come Michele Perriera? La sua prossima rappresentazione infatti Emma Dante, come ha annunciato, la farà a Napoli. Insistere durante il seminario su questo punto, a scapito magari della lectio magistralis sul teatro, che alcune di noi si aspettavano, è stata una scelta politica. Perché Emma Dante, con le istituzioni, ci vuole dialogare, ci vuole entrare, e magari dirigerle, avendone la stoffa e la capacità. Ed è giusto che lo chieda, che ponga il problema . E la Sil lo ha raccolto, consapevole del fatto che qui non si tratta di salvare il teatro di Emma Dante, ma il Teatro, la Memoria di tutti. Perché è questa la trappola nella quale io stessa a volte cado. Che parlare delle donne e dei problemi delle donne, significhi fare cose per loro/per noi. Invece sono una finestra, un osservatorio privilegiato, per capire meglio il contesto. Come la pensione a 65 anni alle donne è un problema che riguarda la qualità della vita di uomini e donne. Ma questo è un altro problema.

(ritratto di Sofonisba Anguissola)

Commenta questo articolo:







*
AdvertisementAdvertisementAdvertisementAdvertisement