il Mediterraneo unisce le rive e le memorie

23 marzo 2011 di: Angela Lanza

Nel luglio del 1992, dopo la strage di via D’Amelio, il Maghreb sembrava lontanissimo come sembra oggi. In realtà molte delle cose che succedevano in Algeria (portate avanti da gruppi di donne: studentesse, impiegate, e alcune addirittura magistrate) avevano delle analogie fortissime con quanto succedeva in Sicilia e quindi le loro lotte erano molto simili alle nostre. Mentre noi siamo in rivolta, occupando piazza Castelnuovo con un simbolico “digiuno” contro le stragi di mafia in cui proponiamo la nostra presenza dirompente di corpi, dall’altra parte del mediterraneo l’8 marzo del 94, le donne algerine, sfidando i fondamentalisti, sciamano per tutta Algeri invadendo bar e ristoranti e strade, vestite e truccate magnificamente. A rischio di essere stuprate e sgozzate come agnelli. Quest’ultimo era il modo in cui venivano uccise le donne di tutte le età, anche quelle di 14 anni davanti le scuole.

Mentre noi “donne del digiuno” imbavagliavamo i monumenti di piazza Castelnuovo con i giornali a dimostrazione di un giornalismo non libero, ad Algeri viene ucciso Abderrahmani, direttore di “El Moudjahid” e tutti i giornali escono con la stessa testata. Per la strada, nei chioschi, ovunque, ci sarà solo e soltanto “El Moudjahid” quel giorno in tutta l’Algeria. Mentre il nostro governo varava una pessima riforma agraria nel 50, lo stesso e in modo simile faceva l’Algeria dopo la liberazione dai francesi nel 62. I magistrati in Algeria negli anni 80 erano indotti a esprimere una sentenza dopo che questo parere gli era stato dettato per telefono. Noi non arriveremo allo stesso risultato con il cambiamento della cosiddetta “riforma della giustizia” che vuole fare oggi il governo?

Una società che distingue laicismo e democrazia da “sottomissione all’occidente”, si è costruita in Algeria fin dai tempi del colonialismo. In questa “deriva” di trasformazione laica le donne sono state in prima fila. Noi donne non ci possiamo permettere di avere la memoria corta. Se impariamo a guardare una storia con i nostri occhi e la nostra esperienza, sarà sempre più difficile a un governo chiaramente infiltrato da potere mafioso (fra l’altro molte sono le analogie fra estremismo islamico e mafia) imbavagliarci e sottometterci ai suoi valori. Il nostro occhio nel guardare quanto sta succedendo sulle rive del mediterraneo di fronte a noi, deve tenere conto di quell’angolazione che è nostra e sfugge al pensiero maschile. Qui in Italia si sta costruendo un regime di forza che è paurosamente vicino a molte forme di quello di Libia, Egitto, Tunisia, Algeria. Non accontentarsi mai di quanto ci dicono anche i giornali di sinistra. Andare sempre oltre. Avere il coraggio di capire che siamo ormai pronte ad avere, pure nelle nostre differenze, un punto di donne sulla Storia.

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