o il lavoro o i figli, la musica non cambia

16 marzo 2012 di: Rossella Caleca

Una vera e propria “guerra silenziosa” viene condotta, ogni giorno, nel nostro Paese, per impedire alle donne che lavorano di avere figli, e alle madri di lavorare ed ottenere le stesse opportunità retributive e di carriera degli uomini; un attacco congiunto che rischia di riportare le donne, e la società, a una condizione pre-moderna. E’ un fatto che in Italia nascano sempre meno bambini: il tasso di natalità era nel 2010 uno dei più bassi in Europa, come il numero stimato di figli per donna (1,40). Ovviamente, la colpa viene data a noi, alle donne italiane, che, chissà perché, non avrebbero più voglia di avere figli; mentre è un miracolo, secondo me, che ostinatamente continuino a farli, nonostante tutto: molte sono costrette a rimandare, o a rinunciare alla maternità; o non possono permettersi di avere più di un figlio. Ancora una volta, non si può scegliere: un’altra forma di oppressione, di segno uguale e contrario.

Pochi rilevano che in nessun altro paese europeo convergono, come da noi, l’attuazione costante e quasi indisturbata di pratiche vessatorie da parte dei datori di lavoro contro le dipendenti in maternità, e la cronica insufficienza di servizi e di politiche di sostegno alla famiglia. Un saggio di Chiara Valentini, dal chiarissimo titolo “O i figli o il lavoro” mostra, attraverso un’inchiesta che si dipana nel tempo e tra vari contesti lavorativi, con dirette, drammatiche testimonianze, come il rapporto tra maternità e lavoro sia sempre stato problematico in Italia molto più che altrove, la “doppia presenza” causa di scelte difficili e fonte di un sovraccarico di impegni e di stress dilagante sull’esistenza quotidiana fino a cancellare, per molte, ogni minimo spiraglio di spazio per sé.

Oggi il lavoro scarseggia per tutti, e le pratiche di “mobbing strategico” e di “dimissioni in bianco” (i datori di lavoro obbligano i dipendenti a firmare, al momento dell’assunzione, una lettera di dimissioni senza data, da utilizzare al momento “opportuno”) imperversano in particolare conto le giovani donne; e quante ragazze, assunte con contratti a termine o a progetto, sanno, perché “gli è stato fatto capire”, che il contratto non sarà loro rinnovato se restano incinte?

Diversi sindacati e associazioni oggi lottano, anche con una raccolta di firme, per il ripristino di una legge che impediva la realizzazione delle dimissioni in bianco, introdotta dal governo Prodi e successivamente abrogata dal governo Berlusconi, adesso riportata all’attenzione della ministra Fornero. Pensavamo che certe acquisizioni fossero definitive, invece siamo quasi, ancora, al punto di partenza: noi, e quel che è peggio, le nostre figlie e i nostri figli.

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