auguri di pace per la Pasqua

8 aprile 2012 di: Silvana Fernandez

Questi giorni di Pasqua, sia per chi è credente, sia per chi assolutamente ateo, sono giorni di auguri. Auguri perché la natura rivive e riprende il suo cammino: le piante sbocciano e mettono nuove foglie e nuovi fiori. Fiori bianchi rosati o con colori indescrivibili sono quelli che mi hanno colpito di più in questa elezione di Aung San Suu Kyi. Fiori che hanno sempre raccolto i suoi capelli, come l’usanza del paese vuole, e che domenica tutte le donne birmane per dimostrare ognuno la propria esultanza, hanno intrecciato a corona o a collana. Molte volte siamo rimasti sorpresi da come facilmente si può fare morire l’idea di democrazia ma come, anche con cammini difficili, sempre ritorna. In questa domenica in cui, in tante città hanno alzato palme intrecciate e ulivi per ricordare Gesù Cristo, in Birmania hanno alzato bandiere fiammeggianti e canne di bambù, Cristo era un uomo di pace, anche se il paragone a molti può sembrare blasfemo, a me ha colpito che Aung San Suu Kyi è stata unita a lui dallo stesso giorno di trionfo. Anche San Suu Kyi è donna di pace e non di guerra, viene dalla scuola gandiana, crede dunque nell’azione non violenta che non vuol dire mancanza di azione ma dare con le buone azioni l’esempio. Per anni e anni, mettendo a rischio la vita, rinunziando agli affetti più cari, lei ha lottato per la libertà dei birmani scegliendo non solo di rappresentare un’idea ma anche di viverla. A San Suu Kyi, a noi donne e a voi uomini, auguri dunque di una primavera di pace, una pace fattiva contagiosa e coraggiosa che regali soprattutto a tutti noi l’orgoglio di avere e di propagandare simili idee e sentimenti.

2 commenti su questo articolo:

  1. Paolo.R scrive:

    Ecco quello che manca è l’orgoglio del proprio dissenso, la paura di non essere alla moda se si portano avanti buoni sentimenti, la volgarità ci ha incatenato

  2. agnese scrive:

    Mi è piaciuto il finale di questo articolo, perché in effetti in questi ultimi anni si è avuta l’impressione che ognuno di noi si vergognasse non solo di portare avanti sentimenti coraggiosi di pace ma perfino di semplice buon gusto.

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