il vento alla casa del Signore

29 maggio 2012 di: Marcella Geraci

«Il vento scuote la casa di Dio». Forse Benedetto XVI farebbe bene a dedicare il Vangelo di Marco a situazioni altre, rispetto allo scandalo che ha travolto la Santa Sede. Ed anche la politica, le istituzioni e la stampa potrebbero riflettere sulle soluzioni da mettere in campo per rafforzare la casa, nell’attesa che il vento si plachi. Nei giorni scorsi, il tema dei suicidi ha infatti imposto, agli onori delle cronache, la questione dell’inasprirsi di una crisi economica che tutto invade e niente risparmia. E’ stato un errore scrivere frasi che hanno caricato su un pretesto economico, seppur reale, l’intera condizione di fragilità degli individui che si sono tolti la vita? Ed è stato ben fatto accoppiare, in un legame quasi indissolubile, le parole “suicidio” e “imprenditori”, come a svilire la dimensione individuale del gesto tragico ed a dimenticare tutti gli altri soggetti che non sono riusciti a farcela? I precari, ad esempio, o i disoccupati ed i pensionati ma anche i professionisti affermati, visto che il suicidio non ha mestiere e condizione sociale definiti. Certo è difficile evitare un ragionamento su una statistica, quando la Cgia di Mestre diffonde dati significativi a riguardo.

Ed occorre anche sottolineare che, secondo i dati Istat elaborati dall’Istituto Eures ricerche economiche e sociali, il 2012 ha fornito dati meno allarmanti rispetto al 2009. La questione di fondo non sembra però essere questa. Fermo restando il diritto di cronaca è necessario un mea culpa, con uno sguardo all’effetto Werther, cioè al ruolo che la comunicazione di massa involontariamente svolge nell’invitare all’emulazione altri soggetti instabili, attraverso la notizia di un suicidio.

Il vero dramma, nell’aria che si respira in questi mesi, non è (solo) la crisi economica, ma il fatto che venga considerato “comprensibile” non avere nulla da perdere quando si fallisce o si chiude l’azienda. Paroloni come “dignità” vengono tirati in ballo quasi contro il diritto all’esistenza, nel nome del lavoro che si ha o che non si ha, della reputazione sociale e del pagamento dei debiti contratti. Forse è questo il vero dramma che scuote la casa di Dio.

1 commento su questo articolo:

  1. Luisina morello scrive:

    Ottimo articolo anch’io penso che comunque vadano le cose non si puo’ fare di un suicida nè un eroe, nè una vittima di stato

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