come smaltire detriti e sfabbricidi edilizi

25 giugno 2012 di: Rosanna Pirajno

La questione dello smaltimento degli sfabbricidi non è questione da poco. Le macerie del terremoto in Abruzzo, a parte quel materiale più che altro simbolico recuperato nelle azioni dimostrative del “popolo delle carriole”, sono tuttora ai piedi degli edifici collassati e gli amministratori ancora alle prese con la individuazione non facile del sito di conferimento. E trattandosi di centro storico, quindi di costruzioni tradizionali in pietra mattoni legno, la quantità di cemento ferro alluminio materie plastiche e bituminose è abbastanza contenuta. Molto più problematico si presenta lo smaltimento delle macerie dei tanti capannoni industriali collassati in Emilia, dove la quantità di quei materiali è prevalente e, per dimensioni e volumi, la massa dei detriti in conglomerato cementizio armato richiede una preventiva selezione e frantumazione di travature pilastri panelli solai, altrimenti intrasportabili se non a costi esorbitanti.

Sono difatti le stesse ditte specializzate nello smaltimento dei detriti da demolizioni, che operano in siti certificati ma non per questo “ecologici”, ad avvertire che il «vero ostacolo al recupero del materiale» è il fatto che il «trattamento del materiale non risulta particolarmente economico» e il prodotto risultante «è considerato qualitativamente inferiore agli inerti tradizionali, che hanno già un mercato solido e consolidato». Di conseguenza, mostrandosi svantaggioso lo smaltimento regolamentare, nei soggetti “disinvolti” si rafforza la tentazione di sversare abusivamente gli sfabbricidi con il risultato di compromettere pesantemente suoli campagne colture paesaggi e il già precario equilibrio del sottosuolo, falde acquifere e corsi sotterranei compresi. Che l’Italia sia un paese densamente abitato e fittamente costruito, con una rete a maglie strette di centri abitati a cui si è sovrapposta la extra large dei capannoni industriali, centri commerciali e villettopoli vacanziere, lo sanno tutti tranne la politica che insiste a licenziare piani edilizi e grandi opere in risposta alla crisi economica, come se rischi sismici e dissesti idrogeologici non impattassero con la soluzione keynesiana di “scavar buche”, da riempire poi di detriti, per dare lavoro alle masse di disoccupati.

Ci sarà un’altra soluzione, per impegnare mano d’opera e smaltire macerie, bisogna solo sforzarsi di trovarla.

Commenta questo articolo:







*
AdvertisementAdvertisementAdvertisementAdvertisement