artisti che raccontano il mondo, alla Biennale Arte

10 settembre 2015 di: Rita Annaloro

Tre sono i parametri posti da Okwui Enwezor, curatore della 56° Biennale Arte, per interpretare le opere esposte ai Giardini, all’Arsenale e nelle altre sedi espositive: Vitalità, sulla durata epica, Il giardino del disordine e il Capitale, una lettura dal vivo.

Già gli stendardi neri all’ingresso del padiglione centrale annunziano la tragedia del nostro tempo: dal Muro del Pianto di Fabio Mauri nella sala centrale, che celebra con le sue valigie sovrapposte la storia errante del popolo Ebraico, ai quadri surrealisti di Ellen Gallagher che sogna una città sottomarina popolata dalle anime delle donne incinte morte nel Mediterraneo, tutto il Padiglione centrale testimonia l’epopea delle migrazioni e la lotta per i diritti umani, raccontata anche dalla collezione di foto dell’Herald Tribune.

E’ il crollo delle Utopie, ben rappresentato da Hirschorn nella sala 10, col suo Tetto Caduto da cui pendono calcinacci dorati e pagine di libri (la Repubblica di Platone), il trionfo del caos/errore contro il tentativo di progettare un mondo perfettamente standardizzato, già irriso nel 1998 dall’artista giapponese Tetsuya Ishida morto per cause poco chiare. I suoi quadri, che ci mostrano un operaio inscatolato sopra una catena di montaggio e degli scolari con la testa a forma di microscopio, denunciano la triste fine del sistema basato sulla massificazione ed a questo punto il disordine colorato di Earth’s Creation, di Emily Kame Kngwarreye, suona come una liberazione.

Cosa è andato storto nel progetto di vita occidentale? Il Giardino dell’Eden, nel Padiglione Swatch ci incanta col suo labirinto di fiori artificiali, realizzati con led e fili elettrici, che rischiarano la notte della nostra coscienza, mentre i piccoli punti disseminati sulla vastità delle pareti bianche dell’Uruguay rivelano la Global Myopia dei nostri giorni.

A fronte del caos descritto dal terremoto esposto nel padiglione Nordico, o dalle opere di Walead Beshty neo- classicamente esposte nel giardino antistante il padiglione egiziano, con la sua riflessione sulla durata epica della Pace, assistiamo alla miracolosa Revolucion francese di alberi che si muovono e sospirano, grazie ad un complesso sistema di sensori.

Cosa sarà il futuro? Parliamone, sembra dire il nuovo spazio dell’ Arena costruita all’interno del Padiglione  centrale, dove si alternano ospiti internazionali invitati a discutere davanti ad un pubblico seduto su gradini costellati di variopinti cuscini africani. Qualunque cosa accadrà, certo il filo rosso delle relazioni umane presentato da Chiharu Shiota nel Padiglione Giapponese avrà un ruolo fondamentale, non credete?

(in copertina opera di Walead Beshty, nella pagina Japan e foto del padiglione nordico)

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