Come fai, sbagli, come sbagli, sei

20 aprile 2016 di: Stefania Di Filippo

Nei piccoli viaggi che si possono intraprendere nella propria vita, da quelli che te la cambiano a quelli che cambiano, semplicemente, la tua posizione nello spazio, capita di incontrare personaggi, alcune volte, più che persone. Quelli, ad esempio, che credono di sapere chi tu sia solo da una minima parte di quello che vedono davanti ai loro occhi o riescono a percepire. Si vorrebbe a tutti i costi categorizzare la gente, porla in un determinato scomparto della propria mappa mentale e sperare non solo che stia lì ferma, immobile, contrariamente alla natura dinamica che la constraddistingue, ma si pretende persino che lo faccia. Così, in uno dei tanti percorsi, capita di imbattersi in un personaggio di quelli che credono di capire chi tu sia, cosa vuoi dalla vita, quale sia lo scopo di quest’ultima. Uno di quelli che, per certo, quando incontra un bambino gli chiede se vuole più bene alla mamma o al papà, come se fosse una domanda da porre, una domanda che possa avere una risposta giusta o sbagliata, logica, è un po’ come chiedere se è nato prima l’uovo o la gallina. Sono di quelle domande che da piccolo non sai come prenderle e da adulto capisci che il problema non sta nella risposta, ma nel quesito. Da adulto, in teoria, dovresti capire più cose di quanto tu non abbia fatto negli anni precedenti, ed invece, forse, è proprio durante quegli anni in cui non sai tante cose, che le impari. Adulto, in realtà non è un punto d’arrivo ma un continuo punto di partenza, un continuo essere adolescenti, nel senso positivo del termine. Nel mettersi sempre in gioco, nell’imparare dai propri errori, nel mettere in dubbio ogni fine per renderla un nuovo inizio, perché, un giorno, quando arriveremo alla senilità, quello che racconteremo sarà il viaggio dei nostri sbagli, di quelli che ci hanno portato ad essere, come saremo.

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