Bonus bebé: un po’ poco, ma …

21 maggio 2016 di: Simona Mafai

Il Bonus bebè (a parte le complicate pratiche per richiederlo) significa un assegno annuale di 960 € , che si dà in due quote semestrali, per tre anni,  ad ogni “nuova” madre lavoratrice (anche lavoratrice autonoma). Poco, ma è la prima volta che si dà.

Esperti sociologi hanno detto: “Non è con questa misura che si ferma il calo delle nascite in Italia”. Certo, ma la donna che incasserà questo bonus, avrà qualche euro in più da spendere per la casa o per se stessa. (Una prima indagine su come è stato utilizzato finora questo bonus dalle lavoratrici, rileva che esso è stato speso in gran parte per migliorare gli acquisti alimentari: il che dimostra che molte di loro devono far fronte a bisogni assolutamente primari!). Da parte sindacale si è detto che sarebbe stato meglio investire la somma dedicata al bonus alla apertura di nuovi asili nido; ma io credo che non sempre, nei criteri  di spesa,  si devono privilegiare i servizi collettivi a danno di misure dirette di sostegno individuale, che possono risultare più immediate ed efficaci.

E’ stato un fatto positivo aver portato all’attenzione pubblica la necessità di un sostegno concreto, personale ed immediato alle madri. Ma occorrerebbe un meccanismo più semplice per l’assegnazione e il recepimento del bonus; ed anche, soprattutto,  un suo aumento. In questi giorni fonti governative hanno ipotizzato (solo “ipotizzato”!) sia  un raddoppio (da 80 a 160 € al mese, pari a due quote semestrali di  960€), sia l’assegnazione di un bonus più consistente  per il secondo figlio …Insomma, si comincia a parlare di misure significative di sostegno alle nuove nascite, il che comincerebbe ad incidere (se questo è un obbiettivo giusto e condiviso) allo sviluppo demografico del paese, fermo o in regresso da anni..

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