fertilità collettiva

6 settembre 2016 di: Silvana Fernandez

Ero una ragazzetta la prima volta che sentii parlare di una campagna pubblicitaria, fu per un dentifricio americano che ci indusse a lavare i denti con trasporto, facendoci sperare che, oltre ad avere delle capsule bianche in bocca, come le attrici americane, avremmo avuto in cucina un frigorifero con tanti cubetti di ghiaccio, e macchine rosa pallido lunghe quanto il nostro salotto.

Erano queste le promesse che ci furono ammannite, nel dopoguerra, riducendo i sogni di gloria e di libertà, per chi in trincea e in montagna si era dato da fare, soltanto alla possibilità di comprare perfino il frullino per le uova o addirittura un frullatore! Le campagne pubblicitarie si susseguivano. Qualcuno in casa mi spiegò che la parola campagna non si riferiva alle coltivazioni di finocchi e carote ma, solo forse, alla spietata vastità con cui venivano fatte. E poi di campagne, mia madre mi raccontava, ne erano state fatte abbastanza nel periodo fascista, “Date oro alla patria” “Donne, date braccia alla patria” e dunque fate figli. Fateli crescere forti mandandoli, diceva sempre la propaganda, in estate nelle nostre colonie marine. A trovar loro un’occupazione in prima linea e medaglie in caso di morte pensiamo noi …

Ci sembrava di esserci lasciati alle spalle tutto questo, ognuno poteva decidere perfino il numero dei figli: dieci, uno o anche zero. La donna non si era sentita più solo una fattrice. Alcune, seguendo la propria coscienza potevano anche abortire. Referendum, interventi alla Camera, sconfitte ma anche vittorie, sebbene modeste, ne abbiamo avute. La donna poteva solcare il mondo con passo sicuro. Sì, ogni tanto ne veniva uccisa qualcuna, qualcuna altra picchiata a sangue, ma lo stato ci rassicurava che anche questo inconveniente sarebbe finito, dunque potevamo ben sperare e speravamo.

L’unica cosa forse che non faceva parte delle nostre aspettative era questa campagna pubblicitaria della ministra Lorenzin, così stimolante per le nostre ovaie! La Lorenzin è una donna dall’occhio curioso ma anche un po’ spaventato. A quarantaquattro anni ha concepito, certo data l’età con qualche stimolo ormonale, due gemelli. Da quel giorno si è resa conto che in Italia non si facevano più bambini. Le cronache dicono che la ministra non è di quelle che hanno passato i migliori anni della vita a studiare e non l’ha fatto neanche questa volta. Non ha approfondito nessun argomento, non l’ha sfiorato nemmeno il fatto che la Francia, quando si trovò a crescita demografica zero, incentivò il bonus per ogni bebè, creò asili, case famiglie di sostegno, così come, anni dopo, fece la Svezia. No, la nostra ministra ha semplicemente considerato la parte per il tutto e ha cercato di stimolare gli organi addetti: le ovaie.

Alle prime critiche si è lasciata andare a frasi del tipo “io mi occupo di medicina, dunque parlo di età fertile, se mi occupassi di sociologia parlerei di asili nido”. Non vorrei affaticare inutilmente la nostra ministra, ma le vorrei chiarire che le ovaie con la loro funzione, fertile o no, fanno parte della nostra intimità e non vorremmo fossero così pubblicizzate. E poi sono l’ultima cosa a cui pensare perché non bastano questi organi per procreare ma, a monte, è necessaria la voglia di mettere su famiglia. Cosa che comporta la sicurezza di garantire ai figli una crescita in un ambiente decente e quel futuro che, con gli stipendi attuali, con la mancanza di posti di lavoro, non esiste più. Le ultime notizie ci dicono che la stessa ministra si sia già pentita della sua proposta ma io penso che, in ogni caso, sia stata una cosa positiva, ha chiarito teorie trite e ritrite. Questa campagna pro fertility ha fatto uscire allo scoperto tanta gente che non aveva mai parlato dell’avvenire, contentandosi di una ipotetica crescita attuale, mentre ora si è detto forte e chiaro: “I nostri giovani non sono pigri fannulloni, ma sono giovani coscienti di trovarsi in una società vecchia, obsoleta, che non consente progettualità in nessun campo, figuriamoci quello della fertilità. Un piccolo consiglio, ministra Lorenzin: se ama tanto i giorni dedicati alle cause giuste, invece di dedicarli alla fertilità li dedichi direttamente all’Italia. Un‘Italy day e saremo tutti contenti.

5 commenti su questo articolo:

  1. Ornella Papitto scrive:

    La Lorenzin deve attivare il cervello prima di fare affermazioni così ambiziose: “mi occupo di medicina”. Lei? Non mi pare che abbia “superato l’esame” né di “medicina” e neanche di “sociologia”.
    Una praticona ed è emerso, limpidamente, da questa campagna opaca, offensiva e stupida.

  2. anna trapani scrive:

    Che la Lorenzin si occupasse di medicina credo sia cosa nuova per gli italiani…E se lasciassero in pace le ovaie delle donne? Ognuna si gestisce le proprie!

  3. Giusi scrive:

    Brava Anna ognuno si gestisca le proprie cose.

  4. Adriana scrive:

    Sagace, come sempre, brava Silvana.

  5. Susanna Prio scrive:

    Ovaie, ovaie
    delle sue brame,
    che vuol fare di voi
    la ministra del reame?

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