crudeltà, pura crudeltà

22 marzo 2017 di: Daria D’Angelo

«Abbiamo visto delle immagini drammatiche da Palermo. Non bisogna chiamarlo clochard, era un uomo e bisogna chiamarlo con il suo nome: Marcello Cimino, è stato assassinato nel modo più barbaro possibile, non c’è nulla di più drammatico che dare fuoco a una persona…» queste le parole del Ministro Minniti al funerale.

Il fatto lo conosciamo, incredibile e crudele.

Marcello Cimino è stato bruciato vivo nel sonno mentre dormiva sotto i portici, per presunti motivi di gelosia.

Cerchiamo una spiegazione.

Succede ogni volta che un accadimento si presenta all’improvviso con una violenza così estrema e cieca da rivelare una crepa terribile della società. Si avvia, nelle nostri menti, una sorta di procedimento indiziario che, pur riconoscendo la particolarità di quello che è successo, vi ritrova i segni, i sintomi, le evidenze di un grave malessere, di una contraddizione che riguarda il tessuto profondo dei rapporti, una lacerazione che lascia perplessi per la crudeltà del gesto compiuto. Non ci sono spiegazioni valide, non regge nemmeno quella della gelosia di fronte a un gesto tanto crudele.

Oltre le frasi che hanno riempito la chiesa al suo funerale, bisognerebbe impegnarsi a dare più spessore alle nostre parole, a guardare con più attenzione i contesti più vari e diversi in cui ci troviamo, a partire dalla strada, dalle periferie, dai senzatetto.

In molti hanno partecipato alla fiaccolata organizzata per ricordare la vittima, un segno di coscienza civica collettiva dinanzi a un fatto così grave.

Pensare di uccidere un uomo inerme, senza dargli la possibilità di una replica, è una cosa tremenda e orripilante. E’ il senso del niente.

Chi fa questo non ha nulla nella mente, non ha umanità, solo un vuoto infinito, e va condannato senza alibi, senza nessuna giustificazione.

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