ricominciare da tre, in una scuola che disperde

26 agosto 2017 di: Magdalena Marini

Ammettiamolo: nel nostro percorso scolastico abbiamo imparato solo le cose che ci hanno divertito di più o che hanno destato, per una svariata serie di ragioni, il nostro interesse. Gli insegnanti che lavorano trasmettendo il piacere di farlo e invogliando gli allievi ad apprendere con lo stesso piacere, fanno sicuramente la differenza. Il nostro sistema scolastico perde oltre il 20% degli studenti provenienti, in generale, da strati sociali deprivati culturalmente e socialmente.

I ragazzi in difficoltà dovrebbero essere incoraggiati a partire dalle proprie potenzialità positive. Come portare al successo scolastico tutti gli studenti? Si potrebbe rivedere il sistema di valutazione. Per esempio: se uno studente in difficoltà si trova ad affrontare una prova che prevede di rispondere correttamente a dieci domande e ne sbaglia sette, vedrà la sua prova valutata con un giudizio che fa riferimento solo agli errori e cioè un brutto -7. I risultati negativi fanno precipitare l’autostima e favoriscono la dispersione scolastica.

Sarebbe sicuramente gratificante valutare quella prova con un bel +3 che fa riferimento alle risposte corrette. Un minimo risultato positivo porterebbe lo studente a pensare che può fare di più e sicuramente meglio! Ripensiamo con simpatia al grande Massimo Troisi che nel film “Ricomincio da tre” non ripartiva da zero, ma dalle poche cose buone che aveva fatto nella vita: cioè… tre cose me so’ riuscite dint’a vita, pecché aggia perdere pure chest? Aggia ricomincia’ da zero? Da tre! Ecco, questo potrebbe essere incoraggiante, ricominciare il percorso dalle poche cose ben riuscite e lavorare per apprendere o migliorare quelle non conosciute o ancora poco chiare. La dispersione scolastica o “evasione scolastica”, l’ingiustificata e non autorizzata assenza di minorenni della scuola dell’obbligo, è spesso legata a condizioni socio-economiche precarie, all’influenza negativa dei pari e, tante volte, alle relazioni non significative con gli insegnanti.

I ragazzi subiscono l’influenza degli adulti di riferimento che dovrebbero preoccuparsi di aumentarne l’autostima e, di conseguenza, adoperarsi per il miglioramento dei risultati scolastici. A cinquanta anni di distanza dalla famosa “Lettera a una professoressa” di don Lorenzo Milani, in cui la scuola di Barbiana denunciava il “principale difetto della scuola italiana, ossia i ragazzi che disperde”, prendiamo atto che la sfida di avere una scuola capace di “dare di più a chi ha di meno” non è stata affrontata in maniera adeguata: non esiste ancora nel nostro Paese un sistema di istruzione dell’obbligo capace di combattere le disuguaglianze e di portare al successo formativo tutti gli studenti.

 

 

 

 

5 commenti su questo articolo:

  1. silvia scrive:

    Capisco bene ed approvo senza riserve il discorso di Magdalena perché, avendo lavorato per anni nel campo della neuroriabilitazione, era quasi prassi in sede di valutazione soffermarsi maggiormente sugli aspetti legati al deficit piuttosto che su quelli da cui poteva prendere il via un programma di recupero. Elencare solo le funzioni perse o ciò che una persona non riesce a fare non è solo frustrante, ma anche profondamente ingiusto in quanto non considera tutto il potenziale ancora esprimibile. Non è quel -7 a decidere del futuro, ma proprio quel +3!

  2. Ettore scrive:

    Ciò che conta davvero nelle valutazione dei ragazzi è non screditare l’uno a vantaggio dell’altro o non elogiare l’uno a svantaggio dell’altro. Creare competizione sin da piccoli comporta rabbia, frustrazione e disagio e, sicuramente non è la scula il contesto per lo sfogo dell’istinto di un bambino che, per paura di fallire può rischiare di non esternare ciò che ha dentro (magari qualcosa di buono) e quindi implodere. Dunque, fino ad un certo limite di età , NESSUNA SELEZIONE, semplicemente correzione per poter incoraggiare il +3 non facendolo sentire distante dal +10 , oppure, incentivare il +10 ad aiutate il +3 a raggiungere il suo livello.

    • Magda scrive:

      Si capisce dal commento come la scuola e il sistema valutativo possono generare in qualcuno frustrazione e disagio.
      L’attuale ministra sta pensando di portare l’obbligo a 18 anni ma ci sono tantissime cose da rivedere per consentire il sereno assolvimento dell’attuale obbligatoria istruzione che riguarda la fascia di eta compresa tra i 6 e i 16 anni….

      • Gabriele scrive:

        “Fa quel che può, quel che non può non fa.” Così si esprimeva con un timbro Alberto Manzi sulle pagelle scolastiche di ogni alunno, senza distinzione. Risultato? Sospensione dell’insegnamento e della paga. Ma allora a chi interessa di più il voto? Agli alunni o a chi legge le pagelle degli alunni (cfr. Genitori)? Speriamo che questa voglia di differenziazione e l’esigenza di giudizio cambi nel tempo e si instauri una società meno competitiva e più collaborativa, del resto “Non è mai troppo tardi!”.

  3. Marta scrive:

    Quando potremo parlare della scuola come luogo dove far maturare identità e competenze per il futuro, dare valore all’individuo, renderlo effettivamente parte attiva di una società in continua evoluzione? Quando si potrà finalmente considerare i docenti professionisti attenti e non solo impiegati di un’azienda che cura solo gli aspetti burocratici?

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