Chi si sente colpevole, non può che sentirsi meno vittima

26 novembre 2017 di: Rachele Maria Rodi

In queste sere è capitato a tutti di ascoltare, durante la messa in onda del tg2, la campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. In queste serie di immagini che passano sullo sfondo si sentono affermazioni di donne maltrattate e tra tutte, una in particolar modo, continua a rigirarmi nella testa. Recitava, più o meno, così: “Non eravamo sposati, ma mi menava come se fossi sua moglie”. Dunque, per colei che ha pronunciato questa frase è “normale” che un uomo picchi la propria moglie, perché dopo il matrimonio diviene di sua proprietà? Così sembra, almeno, di dedurre da una frase del genere. Non è, forse, arrivato il momento di educare le donne e gli uomini a comportarsi come esseri umani? La lotta alla violenza sulle donne è una delle più difficili e delle più importanti del nostro secolo, dall’inizio dell’anno, i femminicidi sono stati un numero sconsiderato. Siamo arrivati al punto che, se viene data la notizia di un uomo ucciso da una donna si “festeggia”, perché per una volta non è successo l’opposto. Ci si lamenta della troppa libertà che, oggigiorno, si possiede, del troppo apparire, dell’essere troppo indipendenti, ma com’è, dunque, possibile che succedano di queste tragedie? Se si elogia o denigra così esasperatamente la libertà che ci siamo conquistati come cittadini del mondo, com’è possibile che esista ancora una mentalità retrograda che immagina la donna come un oggetto, una proprietà? Dovremmo contrastarla con un’idea di tolleranza e rispetto che dovrebbe essere alla base di tutti i rapporti interpersonali. Dovremmo informare e far conoscere esempi di libertà, di coraggio e forza come Franca Viola. Perché fino a quando ci sarà qualcuno, sia esso uomo o donna, che, commentando la notizia di uno stupro, di un’aggressione, di un femminicidio dirà, scriverà, penserà “Se l’è andata a cercare” nessuna donna sarà al sicuro, si sentirà al sicuro. La violenza fisica è, sì, un gravissimo trauma, ma quella psicologica non è da meno e chi si sente colpevole non può che sentirsi meno vittima, quando non è così. Qualsiasi cosa una donna faccia non è una giustificazione, non è un’attenuante, non è una scusa, una donna è libera di essere ciò che è, a qualsiasi ora del giorno e della notte e con qualsiasi abito indosso.

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