cronache d’Arte da Parigi, seconda parte

15 dicembre 2017 di: Grazia Fallucchi

Otto sezioni e altrettanti punti di vista: se per alcune artiste la casa è simbolo di una prigione, per altre può essere fonte di ispirazione o un luogo per reinventarsi. Sono le femministe di Desperate Housewives, le romantiche di A room of One’s Own (in una lavanderia a gettoni due ragazze omosessuali si baciano nella foto di Zanele Muholi); le politicizzate di Mobil-Homes, come Andrea Zittel con la sua vasca da idromassaggio mobile; le nostalgiche di Doll’s House – ovvia citazione della ibseniana Nora – dove Rachel Whiteread inventa un moderno gioco di scacchi. E ancora, Home is where it Hurts, La casa che ferisce, da dove Birgit Jürgenssen vuole uscire, come anche la portoghese Helena Almeida. In Marks, Impronte, l’iraniana Nazgol Ansarina ricrea un muro di un palazzo in demolizione a Teheran; per Construction as self construction Carla Accardi installa una triplice tenda rosa che tradisce l’intimità del corpo femminile; e infine, in Femmes-Maisons trionfano le donne-casa di Bourgeois. Nei più di 1000 mq della mostra, le opere di Claude Cahun, della messicana Pia Camil, della portoghese Joana Vasconcelos, la tedesca Isa Melsheimer. E, sublime, Cindy Sherman con i suoi autoritratti, ironici stereotipi delle donne del cinema anni 50.

Un ragno inquietante eppure bellissimo, la monumentale e nello stesso tempo esile scultura di Louise Bourgeois, una delle famosissime Maman, domina l’ultimo salone del Museo, a volere riassumere il senso della mostra iniziata non a caso nel cortile della Monnaie con Nana Maison II, la casa coloratissima della de Saint Phalle.“Un’ode a mia madre” così la Bourgeois definiva la sua scultura/ragno esposta in varie gallerie europee, dalla Tate di Londra al Guggenheim di Bilbao: simbolo di potenza femminile, un ragno protettivo pazientemente tesse la tela del quotidiano vivere ma, attenzione, può essere anche pericoloso, velenoso. State in guardia, sembra dire la scultura dell’artista franco-canadese. Sarà forse un caso che i non numerosi visitatori siano quasi tutte donne? A Parigi “infuriano” Gauguin e Irvin Penn al Grand Palais, code lunghissime anche per Dior, couturier du rêve al Musée des Arts Decoratifs: qui nel bellissimo palazzo della Zecca francese le donne si sorridono, complici.

 

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