una bella storia diversa

20 gennaio 2018 di: Marcella Geraci

Daria D’Angelo ha usato un lessico semplice per scrivere “Matilde Io batte cuore” ma una terminologia specifica sulla “Sindrome di Down” molto attenta e puntuale. Questa piccola, grande storia sulla “diversità” è stata pubblicata da Carlo Saladino nel 2014 e si legge tutta d’un fiato, a volte con le lacrime agli occhi.

Sulla trama non c’è molto da dire: una coppia è in attesa di due gemelle, una delle quali con la sindrome di Down. Dal momento in cui i futuri genitori apprendono la notizia, entrambi iniziano un lungo percorso che coinvolgerà l’intera famiglia. Sulle prime la madre è impaurita e non riesce a non chiedersi il perché di quel cromosoma in più nel codice genetico di Matilde. «Qual è la causa? Perché accade?» sono le domande che incalzano un medico comprensivo, benevolo e abituato a casi come questi.

Di contro il padre è meravigliosamente “incosciente”, visto che inizia ad amare Matilde prima ancora che nasca. Poi c’è l’altra figlia, Laura e ci sono i nonni, gli insegnanti, le persone del libro. Leggere questa storia vuol dire vivere le ansie, la vita quotidiana, le lotte difficili e i traguardi raggiunti da una bambina che ha la sindrome di Down, ma anche da tutto l’ambiente che la circonda. Scorrendo queste 138 pagine ci si rende conto che Matilde, sebbene abbia tempi e modi “speciali”, riesce a vincere le sue sfide, a socializzare, a voler bene e ad essere amata. Leggendo ci si rende conto cioé che sono i genitori, gli insegnanti, la società tutta a dover essere aiutati ad affrontare nel giusto modo la sindrome di Down, senza pregiudizi e partendo dai bisogni delle persone. La forza di questo libro però oltrepassa le vicende narrate perché mette il lettore davanti al tema dell’approccio col “diverso”.

E il diverso può essere omosessuale, migrante, donna single, può essere chiunque abbia scelto di vivere la sua vita lontano dai nostri schemi. La forza di questo libro è l’invito a conoscere meglio chi è diverso da noi, a comprenderlo e ad amarlo per com’è. “Matilde io batte cuore” è infine scritto da una zia, una testimone che riesce a raccontare con grande umanità e dovizia di particolari una vicenda umana che le è vicina, come se a portare avanti quella gravidanza fosse stata lei. Cade quindi l’ultimo pregiudizio in cui spesso ci imbattiamo nelle nostre vite, e che è possibile riassumere nel pensiero comune del «se non lo hai provato in prima persona, non lo puoi capire». Mentre a volte per capire bastano un cuore e uno sguardo pronto a cogliere chi ti sta accanto, come “l’io batte cuore” di Matilde.

(nelle foto, presentazione del libro in una scuola di Patti e a Caltanissetta) 

2 commenti su questo articolo:

  1. Daria DAngelo scrive:

    Grazie, Marcella, per questo splendido articolo, hai colto in pieno e, direi, sei andata oltre con questo nuovo concetto a cui non avevo pensato: “A volte per capire bastano un cuore e uno sguardo pronto a cogliere chi ti sta accanto”, non è necessario provare in prima persona.
    E’ stata una bellissima giornata, un evento intenso con una sentita partecipazione.

  2. Marcella Geraci scrive:

    Grazie a te, Daria, per questa bellissima storia!

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