la sorpresa Favino sulle notti prima delle foreste

22 febbraio 2018 di: Daria D’Angelo

La straordinaria interpretazione di Pierfrancesco Favino, che in diretta su Rai1 ha recitato il monologo di Bernard-Marie Koltès dal titolo “La notte poco prima delle foreste” ci ha emozionati profondamente. Oltre ogni polemica questo pezzo di bravura dell’attore romano, realmente commosso, ha trasmesso il disagio universale di sentirsi straniero. Questo vero gioiello resterà negli annali del Festival di Sanremo che è andato oltre l’intrattenimento, lanciando un messaggio che si è involontariamente inserito nei momenti di tensione seguiti agli episodi di Macerata. Cortei e manifestazioni antifasciste, organizzate dopo la strage sfiorata della sparatoria contro un gruppo di stranieri a Macerata, hanno tenuto banco nei giorni scorsi. Cori e striscioni inneggianti le Foibe in concomitanza della Giornata del Ricordo, hanno lasciato campo libero ad eccessi ingiustificabili.

Molti sono stati colti alla sprovvista quando, dal palco nazional popolare di Sanremo, Favino ha raccolto tutte le sue introspettive forze emotive e si è messo a recitare un brano che sembrava solo il lamento di un migrante. Naturalmente molte sono state le polemiche e la strumentalizzazione del testo di Bernard-Marie Koltès.

Ma chi è Bernard-Marie Koltès ? È, a questo punto, doveroso parlare di questo grande autore che ha scritto testi-simbolo della drammaturgia contemporanea come La solitudine dei campi di cotone, ha lasciato, per il regista Luc Bondy, una magistrale traduzione del Winter Tale di William Shakespeare, ha vagato in cerca di pace, si è ammalato per morire giovane, repentinamente, per complicanze da Aids, nell’89, quarantenne, quasi travolto da quella pioggia, da quella birra di cui scrisse ne La Nuit just avant les forêts, quando gli venne in mente di creare un monologo teatrale che non avesse punti o punti e virgola, che fosse una sola frase. Lungo quaranta pagine, il testo è un solo respiro per confessare la disperazione d’amore quando la notte sembra non poter finire in una periferia parigina e piove, e ti senti solo, così solo che forse non saprai mai come dirlo. Così, sputando con grido cesellato sulla carta i suoi pensieri tutti d’un fiato, Bernard-Marie Koltès ha dato voce a ogni essere umano fuori posto, posto fuori, emarginato, a ogni corpo in cerca di rifugio, abbandonato, picchiato, a ogni sbandato, raccontandolo in un pezzo unico.

Bernard-Marie Koltès è la voce tremante e profonda che ci parla, che ci canta, quando siamo dei senzacasa in cerca sotto la pioggia di una stanza, e vorremmo fermare finalmente uno che riconosciamo come nostro compagno, dirgli “non dire niente, non muoverti, ti amo, compagno, che casino, che bordello, sempre la pioggia, la pioggia e la birra, la pioggia, la pioggia… “, e siamo terrorizzati perché lui non ci risponderà niente, e se ne andrà, lasciandoci nel lembo di notte che precede di un istante le foreste.

Il suo messaggio, arrivato a noi attraverso la magistrale recitazione di Favino, non può, non deve essere strumentalizzato, deve portarci piuttosto al confronto su più alti livelli di civiltà.

 

 

 

 

1 commento su questo articolo:

  1. lidia Capece scrive:

    Anche se tratto dal festiva italianol più popolare questo pezzo è stato uno dei migliori di tutte le serate, sorprendente Favino che ha voluto volare alto ed è riuscito a proporci uno dei più noti autori francesi ma sopratutto l’emarginazione e la solitudine. donne di Mezzocielo vedo che andate avanti con passo sicuro.

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