la scuola e la consapevolezza dei ruoli

10 marzo 2018 di: Magdalena Marini

Studenti sempre più aggressivi, genitori sempre meno collaborativi, insegnanti continuamente posti sotto una spirale di pericolo. Le famiglie dichiarano la propria incapacità di controllo sui propri figli e delegano la funzione educativa alla scuola, però, guai a toccare i loro viziatissimi pargoli che sono, a questo punto, il prolungamento di adulti fragili, narcisisti, incapaci di riconoscere l’importanza dei ruoli. La scuola appare come il pezzo di ferro posato sull’incudine e battuto dal martello, risultando, in ogni caso, vittima della situazione.

Basta con la convinzione che le docenti e i docenti possano affrontare da soli situazioni difficili. La figura educante che dispensa conoscenze da far acquisire agli alunni, che valuta percorsi didattici, che insegna il vivere civile e le buone norme di comportamento è soggetta a continue pressioni. La società sta cambiando a grandi passi, complice il dilagante e incontrollato uso della tecnologia che rende studenti, madri, padri, insegnanti, docenti sempre più isolati. Paradossalmente, la possibilità di comunicare presto e velocemente con gli strumenti elettronici, sta limitando sempre di più la comunicazione reale e umana tra gli attori del contesto di cui stiamo parlando.

La scuola, come molti hanno affermato commentando i recenti fatti di cronaca saturi di violenza e aggressività, deve essere supportata da figure professionali, oltre quelle canoniche: psicologi, sociologi, forze dell’ordine, che accompagnino le studentesse e gli studenti in un percorso di educazione alla cittadinanza e capiscano quali sono i loro disagi. Oggi gli studenti pretendono attenzioni continue, vogliono tutto e subito dalla famiglia e dalla scuola, proprio come riescono a fare con un semplice tocco sul congegno elettronico personale sempre a propria disposizione. Le punizioni non spaventano più, i genitori sono pronti a difendere i propri figli “a prescindere”, dimenticando che i docenti sono pubblici ufficiali nel pieno compimento del proprio dovere. Il richiamo al rispetto delle regole, quelle condivise, la nota disciplinare, quella prevista dal regolamento scolastico, vengono utilizzati dal docente affinché stiano bene tutti, perché l’insegnante, quello che fa per scelta il suo lavoro, osserva gli alunni, è attento ai loro comportamenti, li vuole educare, condurre in un cammino di consapevolezza, sentirsi in sintonia con loro.

Un senso di frustrazione, di malcontento, di malessere serpeggia nei corridoi, tra un’alula e l’altra, tra la sala docenti e la presidenza, ed è comprensibile. Adulti disorientati si trovano a riflettere su una vita dedicata al lavoro serio e attento alle persone e alle cose, cercando di essere disponibili sempre, aggiornandosi e adeguandosi alle novità, frequentando corsi di formazione professionale, partecipando a incontri e confronti con altri professionisti per poi dover combattere, quotidianamente, con alunni sempre più demotivati, disattenti, aggressivi, violenti, resistenti alle sollecitazioni. Certo, non sono tutti così, ma non possiamo far finta di niente e aspettare che la situazione peggiori. Purtroppo molti ragazzi cercano il successo, la notorietà, il bisogno di apparire e di gridare al mondo che esistono, utilizzando le modalità apprese dal mondo delle immagini che frequentano molto più di quanto non facciano con i coetanei in carne ed ossa. Un sano ritorno alle relazioni prima di Internet, nell’era preweb aiuterebbe.

 

 

10 commenti su questo articolo:

  1. Ivle scrive:

    Sono un’insegnante che vive nella scuola da molto tempo oramai e sento di dover dire che purtroppo siamo in balia delle onde…. Tutti coloro che non lavorano nella scuola giudicano senza sapere cosa succede davvero in un’aula tutti i giorni, tutti gli anni.. la frustrazione di essere continuamente sotto tiro da parte delle famiglie, dei media, di chi sta fuori, ci porta a non credere più nel nostro lavoro, mal pagato, non riconosciuto, vilipeso. Chiunque può dire la sua sulla scuola, chiunque ci può “processare”. Io sono stanca di dovermi difendere da colpe che non ho commesso. Sono stanca di essere trattata da baby sitter gratuita. Sono una professionista seria e devo far finta di non capire per stare al passo con l’ignoranza che imperversa nelle famiglie e al di fuori della scuola. Dovremmo scendere tutti i professori, di ogni ordine e grado, in piazza e farci ridare la nostra professionalità e dignità. Dobbiamo dire basta agli insulti, anche mediatici, e ai sopprusi nei nostri confronti. Io voglio insegnare e non difendermi da attacchi provenienti da gente che di scuola non sa proprio nulla. Fatemi fare il mio lavoro, non chiedo altro

  2. Aldo Torre scrive:

    Siamo in un paese(intendo nazione, ma paese si addice molto) demotivato, con complessi di inferiorità, dunque con finta superiorità che non crede più a niente tranne a 4 inenarrabili promesse, come può credere nella scuola, nella cultura per i figli quando basta il più piccolo dei computer per insegnare loro la vita! Forse tocca a voi insegnati fare un piccolo 68 per riappropriarvi dei ruoli.Io sono il professore tu l’alunno.

  3. Grazia scrive:

    Sono un’insegnante di quartiere che, dopo trent’anni di lavoro riconosciuto e apprezzato da colleghi, genitori e alunni, si è trovata da un giorno all’altro con una lettera di richiamo perchè, purtroppo, per motivi di salute, mi sono assentata in modo non continuativo. Apriti cielo! Sto combattendo con gli avvocati e le spese che comportano. Ne ho parlato con poche persone che non solo si sono meravigliate ma si sono chieste come mai passano in cavallerie tante altre incongruenze… Ed io?

  4. Gabriele scrive:

    Precisa e seria Magdalena, bravissima.

    Ragazzi: cosa ne pensate di un corso di yoga e silenzio nelle scuole?
    Per alunni e genitori!

    Forse parlano un po’ troppo tutti (e male);
    nella vita serve fare silenzio per fare luce.

  5. Marta scrive:

    Negli Interventi di commento all’articolo emerge una chiara idea del panorama scolastico che possiamo osservare in questo momento. Speriamo che il malumore serpeggiante non resti sommerso e che una nuova rivoluzione porti a un cambiamento in meglio. Le rivoluzioni si fanno quando le cose non funzionano e le incongruenze del sistema sono palesi. Il ruolo di chi insegna deve recuperare la dignità e la credibilità perdute ma anche genitori e alunni devono ridimensionarsi e fare la propria parte nel rispetto di se stessi e di chi lavora per loro e con loro.

  6. Clara scrive:

    Ormai sono quasi nove anni che sono in pensione, ma negli ultimi anni della mia carriera di docente cominciavano già a verificarsi quelle situazioni, che vengono ampiamente descritte nell’articolo di Magdalena Marini. In particolare mi capitava sempre più spesso nei colloqui mensili che si presentassero genitori, i quali per circa un quarto d’ora mi comunicavano come andavano i loro figli a scuola. Alla fine della loro comunicazione ero costretta a smontare il castello di carte che avevano costruito e a dire loro la mia opinione sull’andamento dei loro figli nella mia materia d’insegnamento. Rimanevano meravigliati che non coincidesse, perché erano sicuri di aver ragione e non si ponevano affatto il problema che io ero l’insegnante e loro i genitori e che erano venuti loro a parlare con me, Non consideravano che avevo un ruolo e una discreta competenza e che i loro figli mi erano stati affidati da loro stessi con il fine di aumentare le loro conoscenze in un un ambito specifico, di essere educati insieme ad altri coetanei, di formarsi come futuri cittadini di uno stato democratico. Ma forse non erano queste le ragioni per cui me l’avevano affidati. Bastava che li tenessi a bada mentre loro erano assenti e li intrattenessi più o meno amenamente con le mie chiacchiere.

  7. Maria scrive:

    Frustrazione, malcontento, malessere: sono proprio queste le sensazioni che provo nello svolgimento del mio lavoro di insegnante.

  8. vittoria de angelis scrive:

    Ahimè…concordo in toto con questo articolo che “profuma” di amara realtà! I ruoli non hanno contorni ben definiti perché la società è decisamente allo sbando… bisognerebbe lavorare in équipe, su tutti i livelli e le componenti “umane” di cui l’alunno abbisogna per “crescere e formarsi”…bisognerebbe, per farla breve dare l’esempio….è che dare l’esempio, nella società d’oggi, alla mercé di contatti umani “di spessore e qualità” sempre più blandi (se non addirittura inesistenti!), comporta fatica, comporta esprimersi nel senso più profondo di consapevolezza e assunzione di responsabilità, da parte degli adulti che, a vario titolo, sono preposti ad accompagnare il giovane verso il mondo reale, verso quel mondo fatto di Etica, Valori, Lealtà, Onestà….come diceva Sandro Pertini: “I giovani non hanno bisogno di sermoni: i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo”. Per fare questo, però, è necessario mettersi in gioco, rischiare….e parecchio anche! Questa è, a mio avviso, la grande sfida per la variegata categoria di noi educatori! D’altronde è più facile insegnare che educare, perché per insegnare basta sapere, mentre per educare è necessario ESSERE! Aggiungerei: un po’ di umiltà nel rivisitarsi e cercare le strategie e le energie più appropriate per aiutare i ragazzi e ridimensionare i nostri “ruoli da adulto” non guasterebbe, anzi….!

  9. Anna scrive:

    Ai docenti si chiede di fare di tutto, anche di fare i supplenti dei genitori, figli di una generazione che considera la furbizia un valore e la correttezza e l’onestà degli inciampa alle marachelle dei figli.

  10. Anna scrive:

    Scusate, volevo dire degli inciampi alle marachelle dei figli

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