L’invisibile Rosalind Franklin

19 maggio 2018 di: Clara Margani

“Nel laboratorio rendiamo visibile l’invisibile”, dichiarava Rosalind Franklin, la scienziata che identificò il modello della struttura del DNA e che purtroppo non ha mai avuto la visibilità che avrebbe meritato. Aveva 33 anni nel febbraio del 1953, quando sul suo taccuino di appunti scrisse che “il Dna è composto da due catene distinte”. Due settimane dopo Crick e Watson costruirono il loro celebre modello della struttura del DNA, nel laboratorio di Cavendish a Cambridge. Maurice Wilkins, un superiore della Franklin, aveva, infatti, mostrato a Crick e Watson nel gennaio 1953 una fotografia del DNA fatta  dalla Franklin, quella recante il numero 51, senza poter immaginare che da questa informazione i due scienziati sarebbero stati in grado di desumere la struttura del DNA,  Quando i due scienziati resero noto il loro risultato, Rosalind se ne rallegrò, non immaginando che quel successo fosse basato sulla sua prova sperimentale. Negli articoli pubblicati da Crick e Watson sulla rivista “Nature” non comparve mai il riconoscimento dell’apporto dato alla ricerca dalla scienziata. La loro versione venne ripresa anche dagli Annali scientifici per cui divenne opinione comune che il modello del DNA fosse stato elaborato senza l’utilizzo dei dati della Franklin.

Nel 1962 James Watson (quello che si era impossessato delle immagini della collega), Francis Crick e Maurice Wilkins ricevettero il premio Nobel per la Medicina per aver scoperto la struttura a elica del DNA. Rosalind era già morta nel 1958 a trentasette anni per un cancro alle ovaie, dovuto ad una prolungata esposizione ai raggi X.

Nel 1975 uscì la prima biografia della Franklin scritta da Anne Sayre, amica della scienziata. Fu il primo tentativo di ristabilire la verità, ma il libro non riuscì a eguagliare l’impatto de La doppia elica di Watson, pubblicato nel 1968. Nel suo libro, Watson ha parole di disprezzo per la Franklin, che lui chiama “Rosy”, ritenendola incapace di comprendere fino in fondo la diffrazione e le sue leggi fisiche. Nel 2002 Brenda Maddox, giornalista e scrittrice americana, pubblicò Rosalind Franklin: The Dark Lady of DNA, dove ‘dark’ è contemporaneamente sinonimo di oscura e sconosciuta, ma è anche l’aggettivo usato da Watson, che considerava la Franklin come un’arpia, la quale, a suo dire, “non sarebbe neanche male se solo cambiasse modo di vestire”.

Nel corso della sua carriera lo scienziato è stato sempre molto criticato per le sue clamorose affermazioni sull’inferiorità delle donne nella ricerca scientifica e sull’inferiorità genetica dei neri. Nel dicembre del 2014 ha messo all’asta la medaglia del Nobel, che è stata battuta a New York da Christie’s per 4,1 milioni di dollari. Forse non la sentiva meritatamente guadagnata e ha voluto disfarsene?

 

3 commenti su questo articolo:

  1. Rita Annaloro scrive:

    sono andata a vedere un pezzo teatrale ispirato alla sua vita: che delusione! Il trionfo degli stereotipi vittoriani.
    Ahi donne, chi mai ci renderà giustizia?

  2. maria lo bianco scrive:

    Qualche anno fa ho stranamente visto su tg Leonardo tutto un servizio su come Einstein trattava e ha trattato la moglie nel corso della sua intera vita e convivenza: in modo orribile. Leonardo stranamente ne dava ampio conto e resoconto, un servizio insolito tutto dalla parte delle donne e a discapito del presunto più grande scienziato di tutti i tempi. Vizi privati, pubbliche virtù.
    Che sollievo averlo visto.
    Maria

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