Alba de Céspedes, una donna col vizio di scrivere

3 giugno 2018 di: Daria D'Angelo

Nel 1997, muore a Parigi, a 86 anni, Alba De Cespedes, autrice di “Nessuno torna indietro”,“Quaderno proibito”, “Rimorso”, nata a Roma nel 1911 da padre cubano e madre italiana. Legata agli ambienti della cultura antifascista, nel ‘35 fu arrestata dai fascisti. Nel ‘43 attraversò le linee tedesche e collaborò a Radio Bari col nome di Clorinda. Tornò nella capitale nel ‘44 e qui restò, collaborando a varie testate, fino alla fine degli anni ‘60 per trasferirsi poi in Francia. Nel ‘69 s’iscrisse al Pci “proprio quando tutti lo lasciavano, perché io sono sempre per i deboli e le cause perse”. Ancora nell’80 era fedelissima a Fidel Castro.

Alba de Cespédes, come Doris Lessing, non ha mai amato il termine femminismo: rifiutò ostinatamente qualsiasi etichetta, sia quando venne definita dal Ministero della Cultura popolare una scrittrice scandalosa, con l’accusa di aver sconvolto la gioventù di allora scrivendo di emancipazione femminile, che successivamente negli anni post guerra.

Quaderno proibito (dal quale anni prima aveva tratto un’opera teatrale) è un romanzo familiare dai toni serrati come quelli di un thriller. Una mamma lotta contro se stessa, per affrancarsi dal mieloso stereotipo anni Cinquanta. Strumento della lotta è un modesto quaderno di scuola dalla copertina nera, proibito “perché è il diavolo”, dice la protagonista, che viene segretamente segnandovi – con grande senso di colpa – gli avvenimenti della famiglia: e invece di una solida costruzione, disegna, suo malgrado, una casa che si sta disgregando. Quel quaderno ha il valore dirompente che trent’anni più tardi ha avuto, per le femministe, l’ autocoscienza: il semplice “parlare di sé”. Una volta dette, le cose non sono più invisibili: la congiura del silenzio è rotta, e con essa tutte le congiure della convenzione. In un altro romanzo, Dalla parte di lei, del ‘49, la protagonista finisce addirittura per uccidere il marito, un intellettuale antifascista che ha fatto la Resistenza ma vuole “la moglie a casa”. “Maschilista di sinistra” sarebbe stato definito trent’anni più tardi: Alba de Cespedes ha anticipato anche questo tema. Fra il ‘53 e il ‘61, tenne su Epoca una rubrica seguitissima, “Dalla parte di lei”. Allora, la posta dei giornali era “femminile” (cioè minore) per antonomasia, fatta delle cosiddette “piccole cose di donne”, ma lei queste “piccole cose” le metteva al microscopio con molta serietà. Non rispondeva mai in chiave troppo personale. Se uno le criveva ’sono geloso’ , diceva: parliamo della gelosia in generale, analizzava il sentimento. Una volta citò Voltaire, e il Vaticano chiese la sua testa. Ma non la ottenne.  Fu il direttore (Enzo Biagi) a esentarla quando si rifiutò di intervistare la moglie di Nabokov per chiederle cosa pensava del marito che aveva scritto Lolita.

Nel 1940 annotò sul suo diario : «bisogna viverla o scriverla la vita. Mi sembra che ormai per me la scelta sia inderogabile. Scriverla, scriverla».

Alcuni suoi scritti e molti dei suoi documenti, da lei raccolti e conservati, sono stati donati, prima della sua morte, agli Archivi Riuniti delle Donne a Milano dove sono ancora oggi

 

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