Biennale Musica di Venezia

11 ottobre 2018 di: Grazia Fallucchi

Una barca a vela in solitaria nell’oceano -a suggerire una libertà d’indagine sulla creatività e sul concetto di contemporaneità – è l’immagine di Crossing the Atlantic, sessantaduesima edizione della Biennale Musica di Venezia a guida Ivan Fedele : la musica e i musicisti delle Americhe e l’Europa a confronto attraverso le reciproche influenze, le sperimentazioni, le contaminazioni. Ecco, dunque, il Leone d’oro a Keith Jarret, il Leone d’argento al franco-argentino Sebastian Rivas, l’inaugurazione del Festival con Yellow Shark, l’ultima opera  di Frank Zappa.

 

“La musica contemporanea è una bella sfida, un processo senza fine di ricerca di nuovi suoni” dice Florentin Ginot che con Dario Calderone e Charlotte Testu è protagonista di Focus Contrabbasso, una delle proposte più interessanti di questa Biennale Musica. “Ci sono orchestre senza primo violino, senza fiati, senza timpani e trombe, senza tutto, ma non senza contrabbasso, lo strumento di gran lunga più importante dell’orchestra, anche se non sembra”, queste le parole di Sūskind  in un monologo che in teatro ha avuto un grande successo. A smentire lo scrittore tedesco che in “Il Contrabbasso”, racconta di un frustrato  musicista  di una orchestra di stato, aspirante invano alla luce dei riflettori, ci pensano questi straordinari esecutori del Focus, che hanno un rapporto quasi simbiotico con il loro strumento, che per la sua forma, per le basse frequenze acustiche, persino per la resistenza data dalle corde richiede una energia non solo fisica, ma anche una concentrazione palpabile durante le esecuzioni.

“E’ una relazione speciale tra corpo, contrabbasso e mani, ” dichiara, infatti, Ginot (e vale non solo per lui) che ha aperto il Focus il 29 settembre al Teatro alle Tese con Not Here, concerto scenografico:  la definizione è sua e scenografico lo è davvero. Quattro contrabbassi, uno per lato del palco e uno per brano a indagarne l’estensione sonora, come antichi totem o figure divine che ricordano la mater matuta mediterranea. Sembra di assistere a un rito incantatorio dove Florentin Ginot è officiante delle prime italiane di brani di Rebecca Saunders, Liza Lin, Aperghis, e Sebastian Rivas.

Il rito è esplicito sin dal titolo nel concerto di Dario Calderone il 30 settembre in Sala d’Armi: Ur, due riti per contrabbasso solo di Giorgio Netti. Il compositore è anche  maestro di yoga e pare trasferire nei suoni la precisione del movimento fisico, “costringendo” l’esecutore ( per sua ammissione) a diventarne l’alter ego. “E’ come entrare nel suo corpo/gabbia, tentando di sopravvivere e farcela”, spiega Calderone nell’incontro che precede il concerto. Ur, etimologicamente il primigenio, l’incontaminato, nella versione amplificata di Biennale ha avvolto il pubblico in una tela sonora che ha fatto perdere la percezione del tempo. Per Netti i due riti sono l’antica tauromachia minoica, il contrabbasso è contemporaneamente Teseo e il Minotauro: metafora per lui del comporre ma, per chi ascolta, la descrizione sonora della danza aerea degli affreschi del palazzo di Cnosso.

Infine, ma certamente non per ultima, anzi: lei, Charlotte Testu e il suo uso dei dispositivi elettronici a esplorare nuove tecniche strumentali. Il concerto (musiche di Raphaèle Biston, Francesca Verunelli, Aurelio Edler-Copes, Fernando Garnero), in un’affollata Sala delle colonne di Ca’ Giustinian  è una vera performance della quale Charlotte Testu è protagonista con il corpo e con la voce, parte integrante dei brani che suona: la musicista soffia nel microfono della  cuffia, diventa un tutt’uno con il contrabbasso, crea con esso un mondo particolare. Hanno scritto di lei che non suona semplicemente il suo strumento, ma lo abita e lo trascende: “Il contrabbasso è un sentiero sul quale cammino, a piedi nudi per terra, percependo ogni ciottolo”. E Charlotte è davvero a piedi nudi mentre suona, come a sentire ogni vibrazione: ha bisogno di qualche minuto di meditazione e si allontana dal palco prima di riprendere a suonare, i gesti sono minimi, c’è una tale intensità da stregare il pubblico. La contrabbassista, che spesso collabora con compositrici come la finlandese Kaija Saariaho e insieme con loro elabora progetti, sembra personificare le sonorità di una musica contemporanea al femminile.

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