Gente di qualità

5 marzo 2019 di: Ricerca iconografica e testo di Maria Chiara Di Trapani

Jamie Diamond usa la macchina fotografica per esplorare il concetto di intimità emotiva. Le sue serie fotografiche indagano i valori e le dinamiche relazionali mostrando gli stereotipi che derivano dalle aspettative sociali e di genere.

Le immagini di Diamond oltrepassano il confine tra finzione e rappresentazione, ponendo dubbi e interrogativi che lasciano l’osservatore in una posizione scomoda, dall’ effetto straniante. E’ una fotografia allestita con un apparenza di naturalezza.

L’artista documenta nelle serie Forever Mothers (2012-2018) e Nine Months of Reborning (2014),  la vita di una comunità di donne artiste chiamate Reborners. Le Reborners sono persone che realizzano e collezionano bambole iperrealistiche di infanti- da i neonati ai primi 2- 3 anni di vita-. Creano queste bambole per appagare il proprio istinto materno rimasto insoddisfatto per motivi differenti come infertilità, paura della gravidanza o gravidanze perdute, l’assenza di figli ormai cresciuti.

Mentre nel progetto fotografico  I Promise to be a Good Mother (2007-2012), prende spunto dal diario che teneva da bambina, scegliendo lei stessa di impersonare davanti all’ obiettivo la madre perfetta, indossando gli abiti di sua madre e interagendo con una bambola reborn, Annabelle. Il risultato è un’esplorazione degli stereotipi e delle convenzioni culturali che danno forma alle relazioni tra madre e figlio, ma anche di “quella zona grigia tra realtà e artificio, dove si costruiscono relazioni con oggetti inanimati, tra uomo e bambola, artista e opera, misterioso e reale” racconta Diamond.

Surrogati. Un amore ideale a cura di Melissa Harris, è la doppia personale dove è possibile vedere le immagini delle serie di Jamie Diamond  insieme al lavoro di Elena Dorfman. La la mostra visitabile fino al 22 Luglio del 2019 presso la Fondazione Prada Osservatorio espone i loro lavori di due artiste che presentano testimonianze di scene di vita quotidiana e d’ intimità tra carne e silicone. Attraverso un linguaggio visivo nitido e a colori, entrambe raccontano la relazione tra l’essere umano e questi surrogati, creature desiderate e idealizzate con cui conducono un’ esistenza condivisa.

Le immagine ritraggono scene di vite reali, e non costruzioni teatrali «rappresentando scene convenzionali di vita domestica, amore e/o erotismo, le fotografie di Dorfman e Diamond trasmettono un pathos inatteso» secondo le parole della curatrice. 

L’amore per un essere umano può essere sostituito pienamente da un oggetto? E’ la domanda che implicitamente si pone all’osservatore. 

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