Voice of Women: i diritti delle donne in Afganistan Suraya Pakzed

23 marzo 2019 di: Sibilla Gambino

Suraya Pakzed nasce nel 1968 ad Harat in Afghanistan. Re Mohamed Zahir Shan abita ancora il grande palazzo reale di Kabul. Il paese è ancora civile e meta turistica di numerosi giovani hippy occidentali.  Kabul è ancora una città ricca e all’avanguardia, al pari delle nostre capitali europee. Le donne possono passeggiare senza né chador né chadri, indossano minigonne e studiano all’università. Un Afganistan che può ancora augurare buon viaggio ai viandanti attraverso gli occhi misteriosi dei budda scolpiti nella roccia della valle di Bamiyan –trent’anni dopo verranno distrutti dai talebani.

Nel 1980 Soraya all’uscita della scuola vede un uomo uccidere con un colpo di pistola la sua professoressa di letteratura perché è a capo scoperto. Poche settimane dopo una bomba distrugge la sua scuola.

Iniziò in quei giorni l’invasione sovietica che durerà dieci anni. Dieci anni in cui i diritti delle donne sono ancora garantiti e Soraya riesce a iscriversi all’università di lettere a Kabul.

Nel 1989 i sovietici vengono cacciati dai Mujaidin e nel 1996 i Talebani diventano i padroni indiscussi dell’Afghanistan. Proibiscono la musica, l’alcol, la televisione. Gli uomini non giocano più a scacchi, i bambini non fanno più volare gli aquiloni. Nessuno sport è permesso. Nello stadio di Kabul rotolano solo le teste dei condannati alla lapidazione. I diritti civili delle donne vengono totalmente cancellati.

Suraya  Pakzad intanto si trasferisce a Kabul, ha quattro figli e con fatica e paura per le continue minacce, si laurea. Le leggi imposte dal nuovo governo non le permettono di lavorare. Lei non si da per vinta. Nel 1998, nel trilocale dove abita, organizza una scuola segreta per le donne afghane che vogliono imparare a leggere e a scrivere. Negli anni a seguire nonostante retate arresti e violenze Suraya crea altre dieci scuole segrete. Nel 2001, anno dell’attacco alle torri gemelle di New York, in Afghanistan l’Alleanza del nord, armata prevalentemente da America e Gran Bretagna, si scontra con i talebani per destituirli. Nel 2002 le truppe della NATO s’insediano nel paese. Suraya si sente più protetta e grazie alle centinaia di donazioni arrivate da tutto il mondo, fonda  Voice  of Women. Una Ong che tutela i diritti delle donne.

“Il mio obbiettivo è quello di offrire accoglienza e consulenza a tutte le donne: a quelle sopravvissute al carcere, alle donne fuggite da matrimoni forzati e violenti. Forniamo protezione legale e sociale. Offriamo servizi sanitari e per lo sviluppo dell’emancipazione femminile” dichiara Suraya al Times nel 2003.

Nel 2004 la massiccia presenza straniera consente a Kabul  un ritorno ad una approssimativa civiltà ma il resto del territorio afghano è ancora arretrato. Suraya decide così di trasferire la sede principale di Voice of Women nella più conservatrice provincia di Herat. Qui, con l’aiuto di una Ong della Pensylvania e del governo finlandese,  realizza anche il primo ristorante gestito da sole donne: Scranton Restaurant.

Il 15 febbraio di quest’anno ha inizio il ritiro dei soldati americani la cui missione è fallita: i talebani restano in Afghanistan. Suraya Pakzad ritiene che le elezioni presidenziali previste per il venti luglio verranno cancellate e che si ricreerà un forte governo talebano ma conta coraggiosamente sull’importanza della sua Ong che opera ormai in ventinove province dell’Afghanistan e conta più di duecento trentaquattro dipendenti.

Grazie a Voice of Women circa tremila e cinquecento donne hanno imparato non solo a leggere e a scrivere ma anche a conoscere i propri diritti se pur minimi. Nonostante tutto le donne in Afghanistan grazie a Suraya Pakzed ricominciano ad esistere. A lavorare. A sognare

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