Apprezzare, non apprezzare, disprezzare.

4 luglio 2019 di: Ornella Papitto
Osserviamo il disastro che ci circonda: disumanità, prepotenze, violenze. La radice è il disprezzo personale o politico dell’altro quando non assomiglia a me; quando non fa ciò che decido io; quando disubbidisce alle mie proposte indecenti; quando diventa il mostro da distruggere perché è lì a mostrarmi tutta la mia mediocrità e debolezza spirituale. Quando siamo pronti a trattare l’altro come essere inferiore e non aventi diritti del Diritto di esistere, di sopravvivere e, soprattutto, di migliorarsi e migliorare le condizioni di provenienza.
Ecco lo scandalo, la pietra d’inciampo: non si può neanche pensare di poter riscrivere il proprio destino amaro che qualcuno ha scritto malamente per noi. Soprattutto in Italia non esiste più la possibilità di migliorarsi e di migliorare culturalmente ed economicamente e il popolo è ingessato, imbalsamato, in condizioni impossibili da modificare a causa delle scelte anguste politiche e quindi economiche che si sono ammassate sulle nostre spalle, da decenni, togliendoci l’energia per costruire una differente prospettiva.
Chi vuole migliorarsi e migliorare arriva da luoghi lontani e i giovani italiani seguono la stessa rotta verso luoghi che offrono opportunità introvabili qui, nel Bel Paese. Migranti visti male, sia che arrivino e sia che partano. Ma i migranti stranieri non desiderano rimanere nel luogo da dove i giovani italiani partono per cercare migliori condizioni perché gli stessi migranti desiderano raggiungere quegli stessi luoghi di opportunità e di riconoscimento dei Diritti di miglioramento e di costruzione sociale. Sarà per questo che i migranti stranieri sono così mal visti? Sono persone che ancora conoscono il crampo della fame e della povertà di opportunità. Sarà per questo che una certa tipologia di italiani, dallo sguardo angusto, li vedono di malocchio perché rappresentano l’alternativa alla pretesa dei diritti e al desiderio di costruire una migliore condizione sociale ed economica?
In Sicilia c’è un detto illuminante: “moviti ‘ddocu”, “marcia sul posto e non ti muovere da lì” e mi sembra proprio il principio delle politiche italiche che invita a non muoversi, a non rischiare, a non assumersi la responsabilità di riscriversi e riscrivere un destino stabilito, in modo infame, per noi da altri, senza il nostro consenso.

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