Il pesce d’oro

3 luglio 2019 di: Sibilla Gambino

E se l’Eneide non fosse Eneide ma Creusadie? Se non fosse Creusa a morire nell’incendio di Troia ma Enea? Se la vittima sacrificale per un futuro mondiale non fosse una donna ma un uomo?

Magda Szabò – scrittrice ungherese morta nel 2007 – ne Il momento  decide che sarà proprio Enea a morire stravolgendo così l’impalcatura virgiliana. Creusa, indossata l’armatura del pio marito, prenderà per mano il figlioletto Ascanio e il suocero Anchise e s’imbarcherà alla volta del Lazio.

Szabò reinventa un poema epico sotto forma di romanzo con tanto di invocatio e peroratio alla divinità. “La  piroetta più frivola della mia vita” lo definì la scrittrice in una delle sue ultime interviste.

Una piroetta che però le gira in testa per anni, da quando è bambina, da quando nella sua casa di Debrecen il padre le insegna il latino, da quando alle elementari un suo racconto vince il premio più prestigioso del collegio protestante Dóczi. Anni in cui si laurea in lettere, diventa insegnante e poi responsabile al Ministero della Religione e dell’Educazione, pubblica la prima raccolta di poesie e ottiene il . Il momento uscirà solo nel 1990, in Italia nel 2018 (Anfora edizione).

Nel 1949, sotto il regime comunista, Magda Szabò viene considerata autrice non in linea con le direttive del realismo socialista. Il premio Baumgarten le viene ritirato.

Iniziano così gli anni del silenzio, la Szabò  rifiuta di essere censurata e di piegarsi alle direttive del regime. Non pubblica più niente. Ma non abbandona l’Ungheria, come fanno tanti scrittori tra cui Sándor Marai. Continua ad insegnare e a tradurre. Fallita l’insurrezione del’56, con Kadar al potere e il suo comunismo al gulasch nel 1958 Szabò pubblica Affresco (Anfora edizioni)  e Ditelo a Sofia (Salani editore) ottenendo l’importante premio Attila Jósef.

Magda Szabó continua a scrivere e continuerà per tutto il periodo della repubblica popolare anche screziando i suoi romanzi con argomenti tabù come la rivolta del ’56 e il trattato di Trianon del 1920. Pubblica una cinquantina di opere tra romanzi, testi teatrali e saggistica. Vince numerosi premi, dal Kossuth nel 1978 al Grand Prix Étranger nel 1993. Dal Fémina al Mondello. L’ultimo, come miglior romanzo europeo, nel 2007 con Via Katalin (Einaudi).

Ottiene il successo mondiale con La porta, uscito nell’87 (edizioni Enaudi): indagine psicologica sottile e discreta del rapporto tra una scrittrice borghese e la sua domestica, dura donna di campagna, refrattaria ad ogni ideologia, capace dell’amore più puro e incondizionato.

Al centro delle opere della Szabó ci sono le donne. Donne umili, intellettuali, professioniste… un caleidoscopio di caratteri che rappresentano infinite sfumature del femminile.

Ed è proprio ne L’uccisione del maiale (Anfora edizioni) che questo caleidoscopio risulta più nitido e tagliente. Cattiveria, interesse, invidia, rancore, ignavia, egoismo camuffati spesso da ingenua accondiscendenza, amore coniugale, tenero sentimento filiale. Altro romanzo dalle pennellate psicologiche nette è Abigail, del 1970 pubblicata in Italia nel 2017 da Anfora: fra le mura di un collegio calvinista, la spensieratezza infantile lascia il posto alla realtà della seconda guerra mondiale.

Per ritrovare i tasselli della vita della scrittrice occorre leggere Per Elisa pubblicato in Italia sempre da Anfora, biografia più o meno veritiera che ci trasporta tra i banchi del collegio riformato di Debrecen accanto alla bimba Magda e alla sorellastra Cecil. Lasciandoci, alla fine del romanzo, sui binari della stazione di Budapest a salutare una giovane donna ormai diplomata che si appresta ad affrontare una nuova vita, quella di Vienna.

“Con Frau Szabó avete pescato un pesce d’oro. Comprate tutta la sua opera, quella che ha scritto e quella che scriverà” dirà di lei Hermann Hesse.

 

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