“Vita? O Teatro?”, l’opera omnia autobiografica di Charlotte Salomon

30 luglio 2019 di: Rita Alù

Per puro caso mi sono imbattuta nella storia di Charlotte Salomon e ne sono rimasta profondamente scossa. Ho voluto saperne di più su di lei e sulla sua “Vita? O Teatro?”, nella quale il racconto, la pittura e la musica danno vita a un’opera autobiografica  al di fuori di schemi precostituiti che ha in sé una potenza  artistica e umana straordinaria.

Charlotte nasce a Berlino nel 1917 da famiglia ebrea. Il padre Albert Salomon è un chirurgo affermato, la madre Franziska Grunwald una infermiera e pianista dilettante. Dopo la prematura morte della moglie, Albert si risposa con Paula, una famosa cantante d’opera alla quale Charlotte sarà molto legata.

Cresciuta in un ambiente alto borghese colto e stimolante, Charlotte frequenta l’Accademia delle Belle Arti dove si contraddistingue per i suoi meriti artistici superando brillantemente un concorso senza tuttavia poter ritirare il premio perché ebrea. Nel 1939, dopo la tragica “notte dei cristalli”, lascia Berlino e si trasferisce nel sud della Francia dai nonni materni che alloggiano a Villefranche-sur-Mer ospiti dell’americana Ottilie Moore mentre  Albert e Paula Salomon si rifugiano ad Amsterdam con l’obiettivo di far ricongiungere in seguito tutta la famiglia in America.

Nel 1940, quando l’offensiva tedesca si  fa sempre più minacciosa,  Charlotte va ad abitare a Nizza e lì assiste al suicidio della sua adorata nonna Marianne. Il nonno le rivela allora la maledizione che ha colpito il ramo femminile della sua famiglia. La nonna è la terza donna dei Grunwald che muore suicida; l’ha preceduta la madre che si era tolta la vita quando Charlotte aveva nove anni e prima fra tutte, la zia che portava il suo stesso nome, suicidatasi appena diciottenne. La notizia del tragico destino riservato alla  genealogia femminile del ramo materno  la mette innanzi a una scelta: fare pure lei ricorso al suicidio per porre fine alle sue sofferenze o avviare un nuovo percorso creativo nel quale trovare rifugio.

E così fra il 1940 e il 1942 Charlotte decide di dedicarsi  giorno e notte alla sua autobiografia che chiamerà “Vita? O Teatro?”, circa mille e trecento fogli contenenti una serie numerata di ottocento dipinti realizzati con la tecnica del guazzo (o gouache, in francese) simile alla tempera ma dall’aspetto più opaco, scritti su entrambi i lati, con continui riferimenti musicali. La stessa Charlotte la definisce un singspiel, una sorta di melodramma, un racconto di immagini e parole con accompagnamento musicale. Le tavole dipinte, realizzate con l’uso dei tre colori fondamentali (rosso, blu e giallo) sapientemente  mischiati, esprimono i sentimenti della giovane artista che ricorda momenti colmi di gioia di vivere e il più delle volte di struggente tristezza.  I personaggi ritratti, ben definiti all’inizio, via via che la storia procede si assottigliano e la grafia “dipinta” nelle tavole finali prende il sopravvento nella elaborazione del racconto.  

“Man mano l’opera diventa la sua vita e la vita l’opera, al punto tale che nell’immagine di chiusura Charlotte si ritrae di spalle, in ginocchio di fronte al mare, con la mano sinistra che regge il foglio, il braccio destro libero di muovere il pennello sulla carta, che in realtà non c’è, perché al posto del foglio c’è il mare stesso. Sulla sua schiena è dipinto il titolo Leben oder Theater, Vita o Teatro, senza il punto interrogativo, come se non solo la sua vita, ma il suo stesso corpo fosse diventato l’opera”.

Attraverso “Vita? O Teatro?” può ascoltarsi l’urlo di Charlotte che parte dalle viscere della sua storia personale per incunearsi nella tragedia vissuta dalla intera umanità in quel particolare periodo storico.  La sua autobiografia è forse un modo per salvaguardare la “memoria” sottraendola al destino della morte da cui Charlotte è circondata. Riuscirà a completarla in tempo prima che, insieme al marito Alexander Nagler, il 10 ottobre 1943 a seguito di una delazione venga messa su un treno e deportata ad Auschwitz, dove il giorno stesso del suo arrivo morirà in una camera a gas. Era incinta di quattro mesi.

Il grande lavoro di Charlotte, affidato all’amica americana Ottilie Moore, sarà poi consegnato ai suoi familiari  che decidono di cederlo in un primo tempo al Rijksmuseum di Amsterdam e, successivamente, al nuovo Jewish Historical Museum della stessa città dove è tuttora conservato  a cura della Fondazione Charlotte Salomon.

2 commenti su questo articolo:

  1. maria scrive:

    Ecco, mi prende la difficoltà di scrivere,
    la difficoltà di vivere
    allora compongo musica per immagini
    metto luci ed ombre dentro colori consueti
    annaspo e metto un punto alla mia disperazione
    ma sempre ferma immobile ed eterna
    come la notte

  2. Pina scrive:

    Peccato che la crudeltà di qualcuno non le abbia permesso di continuare a raccontare la sua storia, il suo singspiel.
    Grazie per questo interessantissimo ricordo di una donna fantastica che ha dovuto interrompere il suo percorso di vita

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