Nu-Shu al posto di Google
Leggo dal sito della Libreria delle donne di Milano: la Cina riscopre il nu-shu, (nu=donna; shu= libro), un dialetto locale derivante dal mandarino, lingua segreta delle contadine di Jang Yong, preclusa agli uomini, chiamata anche “dialetto delle confidenze” o “scrittura a zanzara”. Alla morte di Yang Huangy, 92 anni, ultima cinese che conosceva gli ideogrammi segreti, si pensava che fosse estinta. Invece un gruppo di donne dello Hunan recupera migliaia di diari segreti tenuti da spose bambine, nascosti sottoterra o nelle tombe, per salvarle dalle guardie rosse. Hanno già tradotto 2800 ideogrammi e pubblicato il primo alfabeto nu-shu. Gli scaffali delle librerie cinesi si riempiono di libri coi versi più famosi, che prendono più spazio del Libretto rosso di Mao. Si organizzano corsi per imparare “le parole perdute delle donne”. Le intellettuali più raffinate, femministe, lo adottano nei salotti. Una lingua nata dal dolore di milioni di spose bambine “cui era preclusa perfino la conoscenza delle parole per esprimere i propri sentimenti” si legge sul sito, si sta trasformando “nella lingua dopo Google”. Il primo manifesto fu trovato inciso su ossa di muflone. Racconta di una contadina offerta all’imperatore, per denunciare il dolore della separazione, costretta ad abbandonare la famiglia, le amiche, le sorelle, e “non perdere così il contatto con la vita”. Raccontano di patti di amicizia eterna tra donne, che si chiamano tra loro “mia uguale”. Altre volte sono canti durante il ricamo, altre ancora sono intere biografie scritte, sotto dettatura, da una donna all’altra donna. Per neutralizzarne la forza sovversiva, dalle autorità cinesi attuali viene confinata in “un linguaggio di confidenze lesbiche” e dunque politicamente accettabile come eccentrico. In realtà, dice l’articolo, ed è questo che mi fa riflettere, esprime il cambiamento di una sensibilità bisognosa di dialogare con Confucio e recuperare brandelli di resti archeologici. Insomma la ricerca di un’origine “ripercorrendo all’indietro le tappe saltate del tempo”, per esprimere “anche ciò che non si può dire”. Ci dovrebbe far pensare che un libro-donna possa sostituire Google!