le Università si mobilitano: una settimana di sciopero a maggio.
E’ in corso una mobilitazione nazionale in difesa delle Università, che anche i cittadini non coinvolti nei ruoli universitari, devono conoscere. Si è svolta, a Roma presso “La Sapienza”, un’assemblea nazionale dei ricercatori universitari indetta dal Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari (Cnru) con la presenza di diverse sigle sindacali e associazioni della docenza universitaria. La partecipazione è stata ampia: ricercatori e docenti provenienti da 32 università italiane. All’unanimità è stata prodotta una mozione che sta girando negli Atenei italiani e che sta arrivando a tutti i parlamentari e ai politici di ogni schieramento, in modo che il Ddl Gelmini sull’Università, in questi giorni in discussione al Parlamento, venga modificato in alcune sue parti, attraverso l’accoglimento di molti e diversi emendamenti presentati. In particolare, il Ddl così com’è impostato non risolve il persistente problema del sottofinanziamento dell’Università prelusivo alla svendita totale del sistema della ricerca e dell’alta formazione del Paese; non risolve in alcun modo il problema del precariato e non vengono offerte reali prospettive di inserimento per i più giovani; non risolve il problema dello stato giuridico dei ricercatori universitari, negando ancora una volta il riconoscimento del ruolo docente effettivamente svolto; infine, non esclude dal prepensionamento coatto i ricercatori universitari con più di 40 anni di contributi.
E’ stato anche deciso, all’unanimità, di indire una settimana di sciopero a maggio, nel corso della quale si organizzerà una grossa manifestazione nazionale; inoltre, proseguirà lo stato di agitazione attraverso la non disponibilità a ricoprire incarichi didattici per il prossimo anno accademico, né ad essere inseriti nei requisiti minimi necessari all’attivazione dei corsi di laurea. Il risultato sarà che la metà dei corsi di laurea non potrà essere attivata; ciò è un chiaro indicatore del fatto che la metà di questi corsi vengono attualmente coperti da quei ricercatori universitari a cui non viene riconosciuto il ruolo docente, e che nel Ddl vengono messi ad esaurimento. La conseguenza è che le famiglie pagheranno le tasse per avere servizi dimezzati. Lo sconcerto che tutto questo causa, è che l’Italia non si cura di come formare i suoi futuri cittadini.
Se tutti insieme alzassimo la voce, come sanno fare i francesi, per emettere un grido intenso e disperato contro questa vergogna che da anni oramai ci prevarica, costruiremmo un’occasione unica ed una maggiore probabilità di essere ascoltati per chiarire, ancora una volta, che investire nella formazione e nella ricerca deve essere una priorità per un paese che vuole progredire.
(Mario Bardi, Balcone barocco)