bellezza e rovina al Garraffello
C’è un’intera letteratura che accosta “bellezza” a “rovina”, “vita” a “morte”, “bene” a “male”, ne spiega o ne tenta le contrapposizioni, le simiglianze, le analogie, i simboli, le corrispondenze, le ragioni, il non senso…
Noi, la sera/notte del 2 luglio, in piazza Garraffello alla Vucciria, al di là di ogni senso o assurdo letterari abbiamo abitato lo stupore di essere noi e quel luogo: contraddizione, simiglianza, corrispondenza, analogia, simbolo, senso, non senso…
Noi, con le nostre precarie vite, siamo state/i centro e periferia, tutto e niente, l’assoluto e il suo contrario. Abbiamo sentito il battito del cuore andare al ritmo degli endecasillabi, incontrare la gioia del verso libero, della parola poetica, mescolarsi alle sonorità di fiati e violoncelli.
Ci siamo chieste/i, arrivando nella piazza unta e maleodorante, cosa mai avremmo fatto, cosa mai avremmo detto. La risposta era dentro e fuori di noi. Era tutto lì: noi, la piazza, la fontana, la notte, la rovina, la bellezza, un drappo rosso, un microfono, un leggio, uno schermo bianco e tanta gente venuta da ogni parte della città.
In alto, sul frontone del palazzo decadente, la grande croce di Uwe svettava quasi benedicente la piazza sottostante in una sera di difficile allegria, con il sorriso lieve e riconoscente di una città che, dal degrado, ispirava poeti e musicisti venuti apposta per cantarla.
E la sera trionfante nell’oscurità luminosa, cedette presto alla notte di silenzi chiassosi, di suoni lanciati al cielo, di versi amari, struggenti, acuti, forti – come lo sdegno – fino a superare tempo e spazio contingenti per raggiungere altezze inarrivabili dove anche il pensiero è pena sottile, ma così rarefatta che solo poesia e musica, nel loro inseparabile essere, possono esprimerla.
Ma arte fu anche l’espressione attonita e orante della gente radunata intorno alla piazza per ascoltare, vedere, capire, chiedere perché e non avere risposte se non dall’arte medesima che, alla Vucciria, la notte del 2 luglio, nel riaffermare con forza il proprio esistere, ha voluto scuotere l’inerzia affinché la “rovina” possa ancora ricomporsi in “bellezza”.
piango e mi inginocchio.
Condivido le tue sensazioni Francesca, con le quali hai aggiunto poesia…alla poesia
GRAZIE…
C’ero, in piazza Garraffello, ho creduto anch’io che si potesse accendere un riflettore su questo luogo così abbandonato, come ci hanno creduto i poeti i musicisti gli artisti e e tutti gli altri. Ma non c’era un giornalista né un fotografo nessuno della stampa né delle tv locali… Evidentemente questa gente crede solo nei salotti buoni, forse la munnizza non paga.
e invece no. è in luoghi “estremi” come quello scelto per questo reading che, a mio parere, la Poesia va ancora e sempre celebrata, esattamente per ciò che la Poesia dovrebbe mai cessare d’essere: un gesto di estrema e non disperata vitalità, un atto di profondo amore per l’uomo, che alla sua stessa coscienza troppo spesso finisce per mentire e dunque va richiamato, risvegliato, rianimato, a volte a pugni in faccia, altre con un sussuro, un grido, un pianto, una preghiera. ché la ragione si vorrebbe sempre dalla parte vincente, a soffocare ogni alternativa di sogno, ogni verità. ed oggi proprio la verità non è un “valore”, nulla di conveniente da discutere, meno che mai in salotto, dove la spazzatura è tema inammissibile (a meno che non si tratti di tv…)
bravi a tutti. un abbraccio.
m.
Quello che scrive francesca t. è quello che ci aspettiamo tutti dalle istituzioni e dalla politica che oggi non esistono più: che la rovina possa essere trasformata in bellezza. Anche io trovo a dir poco scandaloso che la stampa e la tv non siano stati presenti per qualche ripresa o intervista da proporre al grande pubblico, ma la sensibilità manca nei media e purtroppo anche il livello culturale è basso.Voglio dire grazie agli artisti intervenuti e a chi ha organizzato. E’ stata una cosa straordinaria quella che i poeti e i musicisti ci hanno offerto in un contesto degradato; questo dovrebbe risvegliare le coscienze e pensare che se tutti oggi sono latitanti, almeno l’arte c’è e parla e se è il caso urla.
Grazie a tutti di cuore.
Leggendo con molta attenzione il tuo articolo mi sono sentito totalmente sradicato dalla mia poltrona e proiettato in piazza Garraffello in quella magica notte. Non ho mai visto quella piazza non essendo siciliano ma tutto mi era familiare e ho sentito una profonda emozione pervadermi, tanto che una lacrima ha rigato il mio volto. Un turbinio di sensazioni hanno rivoltato il mio animo; ho avvertito anch’io quell’odore di “unto” della piazza e mi sono sentito una delle tante persone convenute in quella magica notte del 2 luglio. Si, una delle tante persone che estasiato guardava quel “drappo rosso” e quella grande “croce di Uwe che svettava sul frontone di un palazzo decadente”. Sono stato letteralmente rapito da quella tua accuratissima descrizione, frutto di una purezza d’animo inequivocabile, tanto rapito che quel maleodorante odore di unto che proveniva dalla piazza e quel palazo decadente sono diventati quanto di più bello e sublime possa esistere. Sono sicuro che quella buia sera costellata di stelle è stata illuminata a giorno da un sole irridescente, il sole dell’arte e che grazie a te ha brillato anche nel mio animo.
Grazie, sono contento che al mondo esistano persone come te capaci con le tue parole di trasmettere sensazioni stupende. Ancora mille volte grazie.
Ero in piazza Garraffelo anch’io e desidero ringraziarvi per quello che avete fatto. Mi sono piaciute le poesie, la musica, l’ambiente, anche se sporchissimo e puzzolente. Per un po’ non ho sentito la puzza e non ho visto la sporcizia tanto mi ha trascinato l’atmosfera creata dalla poesia e dalla musica. Grazie a Francesca non solo per le sue bellissime poesie ma anche per questo articolo che non smentisce la sua sensibilità poetica e che mi ha riportato in quella piazza. Grazie agli altri bravissimi poeti e ai musicisti.
Bello il pezzo. Riuscire con la parola poetica a trasformare il brutto in bello, Piazza Garraffello, inguardabile per la fatiscenza, la lordura, la spazzatura e quant’altro, in una piazza d’arte non è cosa da poco. Quasi quasi mi viene voglia di tornarci, ma troverei solo lo sporco e non la bellezza di quella sera e la poesia su palermo letta proprio dalla traina che mi ha colpito particolarmente quando ha detto “dopo la mattanza dei gelsomini”. Una metafora di particolare bellezza ed efficacia che mi ha ricordato i giudici Falcone e Borsellino. Mi piacerebbe sapere se la poetessa si riferiva proprio alle stragi. Comunque grazie. Palermitano trapiantato altrove, torno ogni tanto nella mia città ed è bello vedere che qualcosa sopravvive.