il volto impresentabile di Lima – 2
Ma Lima è anche la metropoli sull’oceano Pacifico di cui non ti accorgi, mentre ti muovi faticosamente da un quartiere all’altro sotto un cielo basso lanuginoso o mentre ti aggiri inquieto nel «serraglio» del centro: la faccia impresentabile della capitale peruviana, nonostante la cattedrale imponente, le aiuole curate, le palme, il cuore arioso, insomma, di Plaza De Armas. Perché il centro di Lima, a differenza di quel che si potrebbe immaginare, è il ricettacolo di miriadi di diseredati e nuovi inurbati che abitano i quartieri proteiformi di baracche cieche cresciuti a dismisura intorno alla città, ma che, durante il giorno, si aggirano per le strade del centro, appunto, in cerca di qualche «buona occasione» tra i turisti più distratti. Tutta un’umanità di uomini, vecchi, donne, bambini che vedi muoversi occhiuti tra la folla concentrata davanti al palazzo del governo in attesa del cambio della guardia o nei pressi della cattedrale. Così, lo senti con l’evidenza di qualcosa d’ineludibile, di drammaticamente necessario, quasi, il fatto che tu lì sei, prima di ogni altra cosa, una preda. Te lo fanno capire i poliziotti, non appena tiri fuori dallo zainetto la macchina fotografica o il portafogli. Te lo trasmettono in tutta evidenza le catene con i ganci dove assicurare la borsa fissati sulle spalliere delle sedie nei ristoranti o nei bar. Te lo ripete con una certa violenza ogni angolo del centro, presidiato da forze dell’ordine: poliziotti in assetto antisommossa, poliziotti in bicicletta, unità cinofile con al guinzaglio doberman grandi come cavalli, squadre di militari che si esercitano a passo di marcia tutt’attorno alla piazza, carrarmati d’assalto della Policía Nacional a difesa del Palazzo…
Una cittadella assediata, è questa l’impressione che ricavi girando nel centro storico di Lima, dove nemmeno l’immagine di una coppia di campesinos in posa davanti alla cancellata del Palazzo del Governo, ciascuno con il suo unico dente esibito in un gran sorriso per la foto ricordo, nemmeno l’orgoglio di trovarsi lì che trapela dai volti cotti dal sole di quei due peruviani (arrivati probabilmente dai campi durissimi degli altipiani) riesce a vincere l’impressione che il corpo estraneo sia proprio quel Palazzo difeso fino all’inverosimile contro l’assedio della città e della maggioranza di un popolo che dovrebbe rappresentare ma che, stando alle cronache passate e presenti, non fa che vessare tra abusi di potere, violazione di diritti umani, malaffare e corruzione. D’altro canto, anche l’ultimo presidente, Alan Garcia, si è distinto per aver tentato di varare leggi-vergogna a favore delle compagnie petrolifere, come la famigerata «Lej de la Selva», e per aver poi represso con inaudita violenza la massiccia protesta (quasi un’insurrezione) dei nativi nel bacino amazzonico nord orientale (i massacri di Bagua del giugno 2008).
(Lima, foto Gloria Li Brizzi)