a chi toccava prima dei Rom
In Francia i primi Cento Rom sono stati rimpatriati, è polemica tra Parigi e l’Unione Europea. Prima ancora che sulla colpevolezza (vera o presunta) davanti alla legge, in tutti gli articoli sull’argomento ci si riferisce all’etnia, senza specificare le motivazioni dei rimpatri. Il messaggio è che la minaccia sta nel diverso in quanto tale, e non nel suo agire da criminale. Allora, forse, vale la pena ricordare che solo poco più di un secolo fa in una cittadina della Francia, proprio una comunità di operai italiani, spinta dalla necessità di trovare lavoro, fu oggetto di una furiosa rivolta xenofoba, ormai quasi dimenticata, da parte dei “cugini d’Oltralpe”.
In quei duri anni di fine Ottocento la situazione di vita nelle nostre campagne si stava facendo sempre più precaria, per sfuggire alla disoccupazione molti inseguivano il miraggio di un lavoro più sicuro e redditizio all’estero, e la Francia divenne meta privilegiata. I nostri connazionali erano preferiti ai colleghi francesi perché meno sindacalizzati e disposti ad accettare paghe inferiori pur di poter lavorare. Vivevano a circa dieci chilometri dal paese, la maggior parte dormiva all’aperto, sotto un ombrellone, appoggiando il capo contro un tronco di legno a mo’ di guanciale, le relazioni con i residenti francesi erano caratterizzate da grande diffidenza e da ostilità, avevano sempre qualcosa da rimproverare agli italiani, che per loro erano tutti ladri, puttane o fannulloni.
Nel 1890 a New Orleans 12 siciliani sospettati a torto di colludere con la malavita, vennero linciati dalla folla inferocita; la faccenda rischiò di interrompere le relazioni diplomatiche fra Italia e Stati Uniti. In Francia, nel 1882, durante i lavori per la costruzione della ferrovia tra Arlès e Orange una colonia di piemontesi con mogli e figli fu assalita e costretta con inaudite violenze a lasciare la zona e l’occupazione. Spetterebbe a noi italiani fautori dell’integrazione razziale e culturale, raccontare di un’epoca in cui il rispetto per i “diversi” era soltanto un modo di dire, anche quando i “diversi” eravamo noi.
A giudicare dalla reazione di molti sembrerebbe che sfuggano due concetti fondamentali:
- l’arbitrio su cui fonda questo modo di pensare e di aizzare l’opinione pubblica, non salva nessuno dal pericolo di ritrovarsi un giorno nel mirino implacabile della discriminazione;
- la miseria di questa gente diventa colpa, in quanto costituisce la prova che il nostro benessere affonda le radici nella loro povertà.
Si è importante che almeno voi ne parlate perchè con questi nuovi avvenimenti della signorina TULIANI tutto sembra caduto nell’oblio