il peschereccio fantasma
Pochi giorni fa nel Golfo della Sirte, a 31 miglia esatte da Al Zagara, le contraddizioni della politica italiana sono esplose con i colpi di mitraglia sparati contro l’Ariete, peschereccio di Mazara del Vallo, 32 metri per 10 uomini di equipaggio. Uno come ce ne sono tanti. A mitragliare è una motovedetta libica, con a bordo sei militari italiani della Guardia di Finanza che assistono all’operazione. E’ una imbarcazione appartenente alle Fiamme Gialle, consegnata dal governo italiano al paese di Gheddafi per contrastare l’immigrazione clandestina, secondo quanto previsto dal trattato di amicizia stipulato tra Italia e Libia nel 2007.
Il comandante dell’Ariete Gaspare Marrone ha alle spalle 30 anni in mare e difficilmente ha provato in vita sua una paura più grande di questa. Lo stesso vale per gli altri uomini dell’equipaggio. Gravissime le parole profferite dal ministro dell’Interno Roberto Maroni quando, per tentare di spiegare l’accaduto, ha immaginato la motovedetta scambiare il peschereccio per una nave di clandestini. La prima reazione che suscitano le parole del ministro è l’indignazione: forse i migranti sono un giusto bersaglio?! La seconda dovrebbe essere una riflessione sull’identità attuale del nostro paese, dove la crisi economica non è forse il malessere più grave, nonostante le preoccupazioni quotidiane ci spingano a credere il contrario.
Stampa e Tv non smettono mai di ricordarci che, per il valore globale della ricchezza prodotta ogni anno, l’Italia occupa il sesto posto della classifica dei paesi più industrializzati del mondo, in coda a Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito e Francia. Il nostro paese però fa anche parte di quell’Unione Europea che chiede con forza (almeno dal Consiglio europeo di Copenaghen del 1993) il primato del diritto e il rispetto dei diritti umani.
Alla luce di questa appartenenza europea, come è possibile interpretare la benevolenza che l’Italia dimostra al leader libico Muhammar Gheddafi responsabile, secondo Amnesty International, delle gravi violazioni dei diritti umani che si verificano nel suo paese? Una benevolenza che si ingrossa e sborda fino a diventare incremento ingiustificato della presenza della compagine libica nell’azionariato di Unicredit, causa della defenestrazione dell’amministratore delegato della banca Alessandro Profumo.
Sarebbe il caso di chiedersi dove stiamo andando.
(il porto canale di Mazara del Vallo)
E’ anche il caso di chiedersi perchè nessuno ne parla più, perchè non è un’imbarcazione di Montecarlo?Anche questo è un nocciolo della questione.