donare o conservare, che problema c’è
«Cordoni ombelicali: la banca dei Vip». Così titolava poco tempo fa un articolo che parlava della conservazione delle cellule staminali, contenute nel cordone ombelicale, presso una banca in Svizzera. Le banche che all’estero conservano le cellule usano spesso dei testimonial per farsi pubblicità, e fare dire loro che la struttura che hanno scelto è la migliore. Esiste anche in questo settore, infatti, una forte concorrenza. In Italia invece, il Ministero della Salute promuove la donazione e la conservazione delle cellule staminali da cordone soltanto a fini solidaristici, cioè in favore di persone diverse da quelle da cui le cellule sono prelevate. Tutto è gratuito e si può fare nelle strutture pubbliche preposte. Chi invece vuole conservare le cellule per uso personale, può farlo soltanto all’estero oppure nei casi in cui il neonato o i familiari abbiano malattie genetiche o del sangue trattabili con staminali.
Visto che subito dopo il parto il cordone ombelicale contiene cellule staminali con una relativa immaturità immunologia, il loro utilizzo spesso permette di superare le tradizionali barriere di compatibilità, consentendo di effettuare il trapianto anche tra soggetti non perfettamente compatibili, come invece è necessario per le staminali da adulto. Questo consente di potere intervenire attraverso l’uso di donazioni; sono stati effettuati oltre 10.000 trapianti con cellule staminali da cordone ombelicale, di cui quasi 700 in Italia, con gli stessi risultati di quelli ottenuti con cellule staminali da midollo. Il vero scandalo credo che sia invece sapere, come denuncia Acsan (Associazione per le cellule staminali adulte e neonatali) che oggi venga gettato il 98% delle cellule staminali che potrebbero essere raccolte, per carenze del sistema pubblico delle banche delle staminali. Se si considera che per prelevare e conservare il sangue del cordone ombelicale è necessario che tutta una serie di parametri siano soddisfatti e verificati, si trasforma in un incredibile spreco rinunciare a quella che può rappresentare l’opportunità di vita, o di miglioramento della qualità dell’esistenza per molti malati.
Sarà probabilmente questa poca accortezza nel conservare cellule tante preziose, uno dei motivi per cui tanta gente è disposta a pagare cifre che si aggirano sui 3000 euro per mandare fuori dall’Italia il campione prelevato alla nascita. Si dovrebbe prima di tutto fare diventare consuetudine quella di donare il cordone ombelicale, visto che tra l’altro non è così immediato e scontato il suo utilizzo perché esiste tutta una serie di condizioni che rendono il sangue cordonale non idoneo alla conservazione, in media é utilizzabile solo il 30%. Nel 40 % dei casi, inoltre, la quantità di sangue prelevata è scarsa e quindi il quantitativo di cellule presenti è troppo basso per poterne consentire un utilizzo futuro.
Tutti questi fattori determinano che in media oltre il 60-70% delle unità di sangue non risulta idonea alla conservazione. Sarebbe necessaria, quindi, una diffusa informazione e una puntuale ed efficace conservazione. Invece in Italia poco si sa e meno si fa, i più informati e facoltosi conservano all’estero le loro staminali per mettersi al sicuro da quella che potrebbe essere una opportunità sprecata, sovvertendo completamente il concetto di donazione volontaria, gratuita, anonima e consapevole, una risorsa insostituibile per garantire a tutti i cittadini assistiti la possibilità di fruire di determinati trattamenti terapeutici, nel rispetto dei basilari principi di equità e di pari opportunità di accesso.