poteva esserci una strada diversa?
Non doveva inviare il figlio/ in troppi hanno visto/ le mani trafitte del figlio/ la sua pelle normale/ ciò che è stato scritto/ per riconciliarci/ con la peggiore delle riconciliazioni/ troppe narici/ hanno aspirato con piacere/ l’odore della sua paura/ non si deve scendere in basso/ fraternizzare col sangue/ non doveva inviare il figlio/ era meglio regnare/ in un palazzo barocco di nuvole di marmo/ sul trono dello spavento/ con lo scettro della morte.
Con questi versi Zbigniew Herbert esprime lo “scandalo” del cristianesimo, il sacrificio tremendo che, ricorrendo all’omicidio, alla morte violenta, riscatta l’umanità dal peccato. Herbert avrebbe preferito un Dio lontano, assiso su un trono di marmo e spavento, piuttosto che il sangue, la morte e l’orrore.
Non so perché ho pensato a questa poesia in questi giorni. Non so perché mi martella le tempie l’idea di un padre, il Dio di Herbert, che decide di far uccidere il figlio. Poteva esistere una strada diversa? Chissà cos’è il male e quando si è manifestato la prima volta come tale.
Poteva esserci una strada diversa? O la necessità di una fede che reggesse il patire e gli desse una speranza di luce dopo il mondo, è stata la sola necessità “necessaria” a legittimare il sangue, la violenza, l’omicidio? Non so davvero.
So che non si è fermato il franare inesorabile del mondo, la deriva che incontra il nulla e lo esplode in noi mondo. E se fosse rimasto tutto intatto? gli scribi, i farisei, i loro inoffensivi scambi?
Ci poteva essere una strada diversa per salvare il mondo? Forse sarebbe bastato addormentare per sempre il potere, immergere nel sonno la crudeltà dei re e dei potenti, fermare le guerre, le mani armate dei soldati e far risplendere la luna e le stelle nelle notti sul mondo. Pane e pesce moltiplicati per gli affamati sempre.
Ho riletto Herbert e ho pensato che la nostra attesa è quella di chi sa di non doversi attendere nulla. Non si può che barcollare e aggrapparsi alla terra perché la storia si replica nei gesti d’una cena, nel tradimento di chi consegna alla morte, nell’offesa, nelle mani assassine. Di volta in volta cambiano i nomi, i gesti, la brutalità, la violenza, la scena. Poi tutto diventa memoria o rimozione.
E la resurrezione di Cristo è la potenza di un’altra fragilità che avverto e mi rimanda a un Dio vuoto, potente come il nulla, come il rintocco di un dolore incessante.
Forse c’è una luce indecifrabile che cinge le cose ma che non riesce a sfiorare le persone. Una luce che rende più acuto il gelo là dove i corpi si sfracellano, nello smarrimento dei gigli.
(Cappella palatina, mosaico)
Potevano esistere mille altre strade, ma quella della morte del Giusto, non subìta, ma assunta volontariamente come via di salvezza, è l’unica capace di restituire dignità e senso a tutte le vittime innocenti di questo mondo, dove il male rimane un mistero insondabile, che ci si creda o no.
Come sempre ciò che scrivi è molto bello. E’ anche terribilmente privo di speranza (la speranza illumina la vita) e pure, spero non te la prenderai per il termine che uso, terribilmente semplicistico lì dove dici di addormentare il potere per sempre, le armi, la cattiveria e moltiplicare per gli affamati pane pesce per sempre. Una strada diversa non sarebbe stata una strada salvifica solo più facile.
è bello il commento alla poesia e anche la poesia di questo scrittore che non avevo mai letto. Secondo me non c’entra il credere o non credere. E’ un modo di vedere le cose attraverso le parole di un grande poeta. francesca secondo me non ha fatto un’interpretazione teologica o religiosa in senso stretto, ma ha dato un punto di vista letterario. A me ha commosso anche perché questo pezzo mi riporta ai fatti tragici del presente.
Herbert ha scritto tante poesie su questo tema. Mi ha fatto piacere che hai ripreso un poeta sconosciuto ai più. Anzi vorrei dirti (sicuramente lo sai) che Herbert oltre che dello “scandalo” della morte per crocifissione (violenta), in altre poesie scrive anche dello della resurrezione come di un altro “scandalo” del cristianesimo. Poi mi dici a quale traduzione ti sei riferita per la poesia? Anche Cristina Campo ha tradotto Herbert, è la sua traduzione?. Ciao.
Hai ragione M.Grazia, “la poesia si aggrappa all’istante e non ammette le speranze, le consolazioni della ragione”, ma proprio perchè è l’unica parola libera dalla “ragione”, come ogni altra espressione di bellezza, può “toccare” il pensiero, e senza che ne venga stravolta la sua natura ribelle ad ogni prospettiva filosofica o teologica, può donare anche solo per un istante respiro all’anima: accendere speranza.
Belle,incisive le parole di Francesca….Il genere umano ha creato una sovrastruttura dove tutto è possibile e ne è rimasto attanagliato.Grazie a varie forme di espressioni creative riesce a liberare la ragione e ad alimentarne l’animo.
Cara Francesca,
chi muove dal presupposto che Gesù “doveva” essere tradito e consegnato ai suoi nemici finisce, a volte, per porsi un problema di non facile soluzione.
Gesù si è donato al volere del Padre totalmente, ha sottomesso in tutto la propria volontà a quella del Padre. Ma se mi chiedo quale potesse essere la volontà divina, non riesco a concepirla altrimenti che come l’auspicio, il desiderio vivissimo che Gesù fosse accettato e ricordato da tutti gli uomini.
Supponiamo, invece, che gli uomini di Gerusalemme lo avessero accettato e non crocifisso, in tal caso egli non sarebbe morto in croce, ma, all’opposto, sarebbe vissuto a lungo in mezzo al suo popolo come il più onorato dei maestri, dei patriarchi, dei re. Sarebbe stato, per così dire, il più grande e glorioso dei santi “confessori”, non dei santi “martiri”. Il suo nome sarebbe stato ricordato per un secolo, forse due, ma non tanto per dare forza ad una religione che dura da secoli.
Purtroppo, nella natura dell’uomo si è portati più a ricordare eventi tragici e non eventi lieti, un martire rimane più impresso nella mente di noi umani che non un saggio.
Quante persone sono andate al martirio sapendo che lui è stato il “capocordata”!
Diversamente non penso che avrebbero immolato la propria vita per seguire il pensiero di un saggio, fosse anche il più onorato dei maestri. Penso che la sua morte sia stato un esempio per i fedeli. Dopo avere testimoniato la sua divinità e divina missione, non avrebbe potuto più rinnegarla di fronte alla minaccia di morte, che incombeva su di lui. È andato, perciò, incontro a quanto lo attendeva.
Per quanto riguarda Zbigniew Herbert, devo ammettere la mia profonda ignoranza, non ho avuto modo di leggerlo, ma adesso mi documenterò, perchè solo un ignorante può avere la sfacciataggine di sapere tutto.
Ma perché interpretare quello che chi ha scritto l’articolo non ha detto? La riflessione cui ci chiama francesca che mostra la sua sensibilità poetica anche in questo articolo, si deve inscrivere nei fatti accaduti in questi ultimi tempi che sono tragici e determinati da violenze allucinanti. Francesca, secondo il mio parere, avrebbe pensato ad altre poesie da commentare, ma se ha pensato a questa fino a sentire le “tempie martellarle”, come lei scrive, è perché ha voluto metaforicamente darci l’idea che un mondo senza violenze sarebbe stato possibile se le premesse storiche e culturali di cui tutte e tutti siamo impastati, non ci avessero trasmesso modelli di sacrifici umani in tutte le epoche storiche. Pensiamo per un attimo alle vittime sacrificate agli dei, alle donne considerate streghe o eretiche che venivano messe al rogo solo perché pensavano diversamente dal pensiero comune. Herbert dà ad una poetessa come francesca (che stimo molto) la possibilità di dire – partendo da una poesia- che ci sarebbero state altre strade da percorrere, altre possibilità non coincidenti con la violenza e la morte per “sacrificio”. Chissà… se tutto fosse cominciato diversamente da come è cominciato… forse il mondo avrebbe preso altre direzioni. Chissà. Non lo sapremo mai, ma avere pensato e immaginato, anche per un istante, un mondo e un’umanità diversi, attraverso la poesia, è stato per me avere respirato profondamente in questi giorni in cui anche il respiro ha rischiato di fermarsi.
” I poeti sono specchi delle gigantesche ombre che l’avvenire getta sul presente…forza che non è mossa ma muove. I poeti sono i non riconosciuti legislatori del mondo” (Shelley).
Nient’altro da dire se non grazie a te che hai mosso pensiero dove “i corpi si sfracellano, nello smarrimento dei gigli”.
Un articolo non facile, sofferto, commovente.
…..”Non so perché ho pensato a questa poesia in questi giorni”. E la resurrezione di Cristo è la potenza di un’altra fragilità che avverto e mi rimanda a un Dio vuoto, potente come il nulla, come il rintocco di un dolore incessante. Forse c’è una luce indecifrabile che cinge le cose ma che non riesce a sfiorare le persone”…..
Anch’io, a volte, rincorro Dio, chiedendomi il perché di tanto male, di tanta indifferenza; rincorro la luce e più volte mi chiedo se la vita che vivo riempie di luce chi mi sta intorno.
Dio è più uomo di quanto si possa immaginare! E’ più uomo di tanti uomini! Dio è perfezione e nello stesso tempo imperfezione;
Dio è chi ti circonda;
Dio abita in uno sguardo d’amore, in una carezza, in un gesto;
Dio è semplicità;
Dio è!
Aspetta solo che lo guardi con gli occhi semplici di un bambino.
Anch’io mi sono posto il perché di tanto dolore. Il perché della passione di Cristo, il perché Dio ha voluto ciò per l’uomo!
Probabilmente perché Dio è più uomo di tanti uomini….
Aspetta solo che gli parli con semplicità!
Lui ti ascolterà e darà risposta alle tue domande!
A me le ha date nella disperazione, nella rabbia; quando l’ho cercato! Come in questo preciso momento che Le scrivo………
Con semplicità e affetto, tanto affetto!
Fabio Morello