repertorio di violenze
Novi di Modena, Via Bigi Veles numero 38. Ci abita una famiglia di origine pakistana composta da Begm Shnez e dal marito Hamad Kahn Butt, con cinque figli. Una di essi, la ventenne Nosheen, non accetta il matrimonio combinato con un connazionale. Begm cerca di difenderla dagli attacchi del padre e dai colpi di spranga del fratello diciannovenne ma, nel tentativo di proteggere la figlia, viene uccisa dal marito con un sasso.
In molti hanno associato a Begm, i nomi di Hina Salem e Sanaa Dafani, protagoniste di altre condanne a morte decise da padri e fratelli, nel silenzio delle donne della famiglia, in nome delle tradizioni e della religione. Spesso però è facile, troppo facile, attribuire un episodio tragico come questo, ed altri che magari hanno un altro esito e che non per questo sono meno gravi, a motivi culturali e religiosi, specialmente quando un episodio di violenza è il pretesto per giudicare lo spessore civile di un’intera comunità che si ritiene altra rispetto alla propria.
Ma le violenze contro le donne non hanno nazionalità e attraversano tutte le classi d’età, gli strati sociali e il colore politico. Ce lo ricorda il fatto che la tragica fine di Begm Shnez si consuma nello stesso periodo in cui si svolge l’agghiacciante episodio di abusi culminato nella morte di Sarah Scazzi, la quindicenne italiana scomparsa il 26 agosto e ritrovata cadavere nelle campagne di Avetrana, ad ottobre. Ad ucciderla è stato lo zio, che l’ha strangolata perché gli si negava e ha abusato di lei dopo la morte.
Certo, esistono paesi in cui la condizione delle donne dal punto di vista giuridico formale è ancora oggi inferiore rispetto a quella dell’uomo. Ma esistono anche realtà come quella italiana nella quale lo stupro, da reato contro la morale pubblica, è diventato reato contro la persona solo nel recente 1996. Una realtà in cui il matrimonio che estingue ogni reato, previsto dal Codice Rocco e rappresentato efficacemente nel film “Sedotta e abbandonata” di Pietro Germi, è una norma abrogata nel 1981.
Resta però un interrogativo e cioè se a questi lenti passi avanti del sistema giuridico corrisponda un avanzamento sostanziale. I dati statistici sulle violenze subite dalle donne nel nostro paese, poca cosa di fronte ad un fenomeno che per le sue caratteristiche oggi non può non rimanere sommerso, non sono incoraggianti.