legge 194, quando si dice no è no

11 gennaio 2011 di: Monica Lanfranco

Una buona notizia per iniziare un anno nuovo, faticoso e pieno di incertezze: è possibile fermare il delirante progetto fondamentalista e anticostituzionale di chi, come il governatore Formigoni, ritiene di avere un mandato diretto e assoluto dal suo dio per modificare, secondo la sua visione, leggi dello Stato condivise e frutto di un grande lavoro di mediazione e di relazione con i soggetti coinvolti. Parliamo della recente bocciatura da parte del Tar delle linee guida sull’aborto, che il Governatore lombardo aveva promulgato nel 2008. Sono in contrasto con la legge 194 e con la Costituzione, ha chiarito il Tar, accogliendo il ricorso di 8 medici e della Cgil Lombardia patrocinati da un pull di legali, tra le quali l’avvocata Alesso, attivista dell’Udi e coautrice del libro La cicogna e il codice, uscito di recente, nel quale si narrano le storie di genitorialità rese possibili con la fecondazione assistita.

Il ricorso al Tar era stato inoltrato facendo leva sull’art. 117 della Costituzione, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili o sociali da garantire su tutto il territorio nazionale: si trattava di lanciare un allarme su un precedente gravissimo, che non solo avrebbe potuto configurarsi come un agguato alla legge 194 sull’interruzione di gravidanza, ma che avrebbe potuto aprire la strada a derive localiste e fai da te che dalla sanità, (perché no?) si sarebbero potute estendere ad altri settori, precipitando il paese in un caos senza precedenti.

Ironico che questo arresto del disegno che Formigoni condivide con altri governatori, per esempio il piemontese Cota, (che appena eletto l’anno scorso dichiarò che la Ru486 non avrebbe varcato la soglia della sua regione), cada proprio all’inizio di un anno nel quale si celebrano i 150 dell’unità d’Italia. Formigoni, che già ha dichiarato che andrà avanti comunque, avrà il suo da fare a giustificare tanta arroganza di fronte alle motivazioni ineluttabili del ricorso.

Il Tar infatti premette che la legge 194 del 1978 prevede la tutela giuridica del concepito (affermata nell’articolo 2 della Costituzione sui diritti inviolabili della persona) con i casi nei quali può essere sacrificata se collide con la necessità di evitare gravi pericoli alla salute della madre (articolo 3 della Costituzione che impone di dare assoluta prevalenza al bene salute di una persona già nata): la legge fissa le condizioni per le prestazioni del servizio sanitario affinché i diritti di madre e nascituro possano essere tutelati.

«Ma per livelli essenziali delle prestazioni – ragiona il Tar – non deve intendersi esclusivamente la individuazione degli standard qualitativi delle prestazioni, ma anche e prima ancora le condizioni cui è subordinato l’accesso a quelle prestazioni: sarebbe del tutto illogico permettere che una materia tanto sensibile che coinvolge scelte di fondo riguardanti valori essenziali quali vita e salute possa essere disciplinata differentemente sul territorio nazionale lasciando che siano le Regioni a individuare, ciascuna per il proprio territorio, le condizioni di accesso alle prestazioni sanitarie».

Fin qui le chiarissime motivazioni del Tar, che liquidano anche come altrettanto incostituzionale il tentativo da parte di Formigoni di introdurre l’ulteriore figura dello psichiatra come ’garante obbligatorio’ nel caso di richiesta da parte della donna di aborto, quando una patologia potesse arrecare gravi pericoli alla salute psico fisica della donna: anche qui il Tar rileva il contrasto con la legge nazionale, che invece ripone fiducia nella figura del/della ginecologa, anche con la capacità di valutare i propri limiti conoscitivi lasciando che sia tale specialista a dover decidere se avvalersi o meno dell’ausilio di altri medici.

Ma il dato più importante da segnalare, di carattere politico, in questa sentenza sta nel fatto di ribadire la validità di una legge nazionale come la 194 che non solo ha vinto la sfida di aver fatto cessare la piaga dell’aborto clandestino, ma che permette alle donne di scegliere come autodeterminarsi sulle scelte riproduttive. E’ questo, ancora e sempre, il tarlo che rode uomini come Formigoni, Cota e altri politici purtroppo molto diffusi oggi in questo paese. Il fatto che le donne siano persone capaci di decidere, che le leggi nazionali non sono giocattoli da rompere quando e come si vuole, e che la cittadinanza non ha niente a che fare con la sudditanza, che invece tanto si vorrebbe restaurare.

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