rabbia e dolore per Nourredine
Palermo è scesa di nuovo in piazza. La città ha gridato rabbia e dolore per Nourredine Adnane, il ragazzo marocchino di 27 anni che si è dato fuoco per disperazione. Nourredine, morto al civico dopo otto giorni di agonia, era esasperato dai continui controlli dei vigili urbani. Ben quattro verbali in dieci giorni. Un controllo estenuante, quasi persecutorio e degno di un giro di vite contro l’evasione fiscale o l’alta finanza corrotta. Ma Nourredine era in regola, perché aveva il permesso di soggiorno e la licenza di ambulante. Forse più in regola di molte lape che vendono frutta nei mille angoli della città.
A scatenare l’insistenza dei vigili, il fatto che il ragazzo avesse l’abitudine, non contemplata dal regolamento comunale, di fermarsi troppo nello stesso posto. Secondo il regolamento, gli ambulanti possono infatti fermarsi solo un’ora e cambiare zona subito dopo. I vigili hanno quindi sequestrato a Nourredine la sua unica ricchezza, il carretto di chincaglierie che il ragazzo ammuttava ogni giorno per andare avanti e sfamare fratelli minori, moglie e figlioletta rimasti in Marocco. Se l’episodio non fosse sfociato in tragedia avrebbe potuto essere assimilato al fatto accaduto a Fossalta di Piave, per il modo pedante di applicare le leggi nel paese del bunga bunga. Ma l’esito tragico impone interrogativi e riflessioni che vanno ben oltre la pedanteria.
E’ facile per le migliaia di Nourredine che vivono in Italia ottenere un permesso di soggiorno e una licenza di ambulante? La trafila burocratica e le ostilità, le leggi restrittive e il fatto di non parlare la lingua o di non saperne abbastanza del paese ospitante rendono duro il cammino per esercitare qualsiasi mestiere.
Nourredine Adnane viveva in Sicilia da dieci anni e chissà cos’erano per lui quel carretto di merce e quella strada dove si fermava a vendere. Forse il suo posto in Italia? Il diritto che si era sudato? O quell’identità nuova che qualche volta è temporanea e spesso dura una vita. Per molti a Palermo Nourredine era diventato “Franco” e a ricordarlo, nel corteo partito da Piazza Politeama, non c’era solo la comunità marocchina. Tanti i cittadini che hanno voluto stare dalla sua parte.
Una sottoscrizione per la famiglia è stata lanciata dal quotidiano La Repubblica ed indagini interne avviate dal comandante della Polizia Municipale di Palermo. Un’indagine è stata chiesta dal presidente del Senato Renato Schifani al sindaco Cammarata ed un fascicolo di inchiesta aperto dalla Procura di Palermo. Tutto questo non basta però ad attenuare il lato più oscuro dell’intera vicenda. Rashid Adnane ha infatti dichiarato che nessuno, vigili compresi, avrebbe impedito al cugino Nourredine di darsi fuoco. Un altro caso di ordinario razzismo?