restare umani, per chi di disumanità è morto
Più che uno storico (tanto meno un politico) ci vorrebbe uno psicanalista per spiegare perché mai il groviglio del conflitto israeliano-palestinese si annidi con giudizi tanto unilaterali e feroci nella coscienza di donne, uomini e giovani (in particolare della sinistra). L’assassinio nella striscia di Gaza di Vittorio Arrigoni ha suscitato una emozione ed una indignazione, che – abbastanza inspiegabilmente dal punto di vista della ragione – si sono rivolte contro Israele, e non contro le frange estreme (quasi al-qaediste, dette salafite) del movimento indipendentista palestinese.
Per disinnescare questa torsione di analisi e giudizio, è opportuno ricordare che – meno di un mese fa – è stato compiuto nei territori palestinesi un altro atroce assassinio di cui non si è quasi parlato: è stato ucciso un noto attore israeliano, Juliano Mer-Khamis, figlio di una donna ebrea e di un arabo israeliano. Juliano aveva fondato il Teatro della Pace, che operava (e, speriamo, continuerà ad operare) dentro un campo profughi della Cisgiordania. Aveva affiancato al Teatro un’altra istituzione culturale: il Fortino dell’Arte. Bambine e bambini, ragazzi e ragazze israeliani e palestinesi studiavano e recitavano insieme. Collaborava anche Zakaruia Zubeidi, ex-attivista della guerriglia palestinese, che aveva poi abbandonato la lotta armata. Juliano aveva ricevuto molte minacce; la porta del Teatro era stata bruciata; un volantino lo aveva accusato di essere una quinta colonna israeliana. Il 4 aprile gli hanno sparato in volto mentre andava in teatro. Non c’entra niente, ma mi sono ricordata di Giuseppe Fava, assassinato dalla mafia anche lui davanti a un teatro. Chi vuole veramente essere coerente con il messaggio lasciato da Vittorio Arrigoni “restiamo umani”, ricordi (con la stessa condanna contro chi “umano non è”), sia Vittorio Arrigoni sia Juliano Mer-Khmis.
(in memoria, alba rosso sangue in una foto di Giovanni Abbate)
Grazie Simona per questa “onesta” analisi che legge i fatti senza fermarsi alle prime reazioni emotive che i fatti suscitano.
Condivido pienamente l’attenta considerazione di Simona. I giudizi integralisti provocano spregio alla verità già orrenda e brutale.
Cara Simona
Ho letto con ritardo il tuo pezzo, mi hai preceduta: volevo proprio scrivere sull’uccisione Juliano Mer-Khmis e sulla scarsa risonanza che ha avuto sulla stampa. Una visione laica ed onesta, senza verità precostituite è un contributo alla riflessione onesta su una questione molto più complessa di quanto non si pretenda di sapere.