Riflessioni referendarie
Vittoria dei Sì con ampio quorum al Referendum del 12 e 13 giugno. Tempeste di Sì. Orgasmi, vecchi modelli della Piaggio, promesse di matrimonio…si è proprio giocato con tutto partendo dal Sì, in una campagna informativa sviluppata unicamente sul versante dell’abrogazione delle norme. Cosa che – per quanto mi iscriva nella vittoriosa lista del Sì – desta la mia prima perplessità circa il rispetto della libertà d’opinione tra chi tanto la propugna. Si dovrebbe poter esprimere un pensiero differente da quello della propaganda iniziale e dalla gioia finale, senza sentirsi una sovversiva venuta a smontare chissà quale delicato equilibrio intoccabile, o una nota stonata in una sinfonia, ma non sempre è stato così in quest’occasione.
La campagna informativa spontanea, popolare, giovane, tutta a favore dei Sì, è stata storicamente importante, oltre che divertente. Innanzitutto, ha valorizzato il “dovere civico” del voto, baluardo inattaccabile in questa depauperata democrazia. Non esercitare il voto, e dire di non esercitarlo, sarebbe stato (ed è stato) vile. Secondo perno della campagna del Sì è stata l’emozionalizzazione. È stata proprio questa la nuova linea vincente, quella che ha messo finalmente a tacere il premier. Infatti, dopo anni di dominio incontrastato delle emozioni nella sua politica, finalmente un movimento sociale (secondo me non tanto partitico, né politico) ha fatto proprie le emozioni come vettori dei messaggi, sottraendogli quest’importante strumento.
Ma nonostante la campagna sia riuscita a coinvolgere e convincere, alcuni punti finali destano in me dubbi. Un dubbio riguarda il quesito sull’eliminazione dell’ipotesi nucleare in Italia. Come si risolverà ora la nostra situazione energetica di dipendenza da altri paesi? Ipotizzando utopicamente che si comincerà ad investire finalmente nelle energie rinnovabili per raggiungere fra chissà quanti anni una copertura energetica nazionale e verde, nel frattempo, che energia usiamo? Inoltre, il Referendum, invece di ridurre, ha confermato la divisione profonda tra cittadini e politici. Immediatamente dopo i risultati, invece di intraprendere una riflessione sulla futura condizione dei settori su cui ci siamo pronunciati, è ricominciato il solito teatrino antiberlusconi in cui sembra esaurirsi il momento referendario, in cui il popolo ha espresso invece una chiara posizione su grandi temi della vita quotidiana e politica italiana.