saudite alla guida, che scandalo!
Qualche giorno fa ho letto della vicenda che ha visto protagonista la saudita Manal Al-Sharif, arrestata (e poi rilasciata) per aver guidato la sua auto (in Arabia Saudita c’è il divieto di guida per le donne) e aver filmato un video, postato poi su Youtoube, che la vede al volante. Per il 17 giugno è previsto il “Women Drive”, una protesta per rivendicare il diritto alla guida e molte donne si stanno mobilitando. In realtà non è la prima volta che episodi di tal genere coinvolgano il regime saudita; già l’8 marzo del 2008, l’attivista Wajeha Al-Huwaider aveva protestato a tal proposito, e così pure nel 1990 una quarantina di donne sfilavano guidando le loro auto.
Ma perchè a distanza di tutti questi anni il problema permane? Il punto di vista delle donne saudite sembra, però, spaccato in due. A esempio Rima Al-Mukhtar, giornalista di Arab News, scrive che per le donne «la guida è una seccatura e non è appropriato in Arabia Saudita» Mentre Shahad Ibrahim dice: «Mi sento come una principessa: il mio autista mi porta ovunque voglio senza lamentarsi» (c’è da chiedersi come facciano le donne che non hanno i mezzi per pagare un autista). Su Facebook è stata creata una pagina (tra i suoi ideatori la stessa Manal Al-Sharif) per la mobilitazione alla protesta. La pagina come seguito ha avuto altre pagine con le reazioni da parte dei sauditi (frustare le donne che il 17 giugno protesteranno o imbastire una semplice campagna anti-guida).
Alcuni uomini sauditi sono invece favorevoli alla guida delle donne. Da Notizie Radicali giunge anche voce che per gli oppositori si tratti di un vero e proprio “complotto sionista/occidentale/iraniano/sciita” che sporca la morale delle saudite; «nessuna pura donna saudita vuole guidare». Certo il 17 giugno Manal Al-Sharif non sarà presente. «Prometto – dice – di non commettere più altri errori». Le donne saudite comprendono e le sono comunque grate; l’iniziativa va avanti. Penso che la questione abbia i risvolti di una doppia morale (per uomini e donne) in grado di definire gli spazi e la mobilità (maschile e femminile) all’interno di questi. Quanto di antropologico-culturale e di politico si nasconde dietro un divieto?
L’attivista Wajeha al-Huwaider dice che «organizzarsi e agire come un movimento è qualcosa che le donne saudite hanno imparato dalle rivolte in corso nel mondo arabo e cominciano a non aver paura». E per gli occidentali? Accettare e rispettare le differenze è fondamentale; è meno lecito, però, se il suo escamotage è un indifferente relativismo culturale.
Auguro alle donne saudite ‘guidatrici’, per il 17 giugno, un buon e fruttuoso ‘raduno’!
Francesca, perché non facciamo qualcosa, il 17 giugno, che possa sostenere le “ovvie” richieste di autonomia di movimento delle donne saudite?
Ad esempio un raduno in piazza Politeama, a Palermo, e mostrarci tutte con le mani legate?
Grazie dell’input Ornella. Una proposta, la tua, che potresti lanciare ai movimenti delle donne.
f.s.