caldo e attesa, la strana coppia

17 luglio 2011 di: Francesca Traìna

L’attesa strema e abbatte più del caldo opprimente di questi giorni. Ma il caldo è a termine perché prima o poi cede alla frescura. L’attesa non segue regole temporali o climatiche. Essa viene dove siamo, ci raggiunge comunque. Non so dire perché associo il caldo all’attesa. Non so se è una stranezza. Con il caldo ritornano le cose, anche quelle che mi era parso di non attendere più.

Secondo Barthes c’è una vera e propria scenografia dell’attesa. Siamo noi ad organizzarla seguendo il tumulto delle nostre angosce, e aggiunge che è anche un incantesimo.

Benché proviamo a distrarre l’attesa o a distrarci dall’attesa creando al suo interno veri e propri diversivi, lei è sempre lì, presente in noi, pronta ad aggredirci con violenza o a coglierci con dolcezza. I tentativi di staccarcene diventano attimi perduti per l’attesa che, nella sua purezza e autenticità, esigerebbe che ce ne stessimo sedute/i senza far niente per assumerne interamente l’angoscia: attesa di una telefonata, una lettera, una mail, un messaggio al cellulare, un treno, un aereo, una nave, un figlio, un amore, un ritorno – in ogni caso – di ciò che è così profondamente innestato in noi da non poterlo mandare via.

Il diversivo interrompe l’incantesimo ma subito dopo ci avviluppa e ci riprende con il suo incantamento. Mi viene da chiedere: chi non ha aspettato qualcosa o qualcuno nella vita?

Nessuno mai al mondo è stato esonerato dall’attesa.

Ma il caldo è insopportabile come l’attesa quando è vana. Mi viene in mente una breve storia che rileggo nei momenti di spleen perché nella paziente sofferenza e nei sentimenti che l’aneddoto mette in movimento rispetto al tema dell’attesa, c’è un senso, una lezione, un avvertimento forse utile, forse del tutto inutile. Dipende sempre da noi:

Un mandarino era follemente innamorato di una cortigiana, ma lei, altezzosa, gli disse: «Sarò vostra solo quando voi avrete passato cento notti ad aspettarmi seduto su uno sgabello, nel mio giardino, sotto la mia finestra».

Alla novantanovesima notte, il mandarino si alzò, prese lo sgabello e se ne andò.

4 commenti su questo articolo:

  1. giulia scrive:

    Ma è davvero così strana questa coppia? mi pare perfetta e vanno molto d’accordo. una grande intesa. la storia del mandarino è emblematica….mi piace troppo…da rifletterci bene

  2. Paolo. R. scrive:

    gentile Francesca, che ottima accoppiata, si attende l’arrivo del caldo, si attende la fine del caldo… si attende sempre forse l’attesa è quella che chiamiamo speranza!

  3. Francisco scrive:

    Si Francesca, la espera con calor es un hermoso relato de vida real para mi, porque tenemos corazon y estamos vivos y con fe en un futuro que tiene que ser mejor para todos

  4. Hola Chicho, sono felice di leggere le tue parole e di sapere che dalla lontana Argentina – Buenos Aires – il sito di Mezzocielo ci permette di inviarci un saluto e un bacio, ti voglio bene, tua prima

    P.S. grazie anche a Giulia e a Paolo. Avrete capito certamente che il cugino argentino, assolutamente inatteso, mi ha sorpreso ed emozionato.

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