Jet Lag emotivo
Oramai ci ho fatto il callo. Quando torno dopo mesi o anche settimane passati in Francia passo un periodo di forte crisi in cui non riconosco più i miei cari, non riconosco la città, noto con disagio le difficoltà nella città e le difficoltà nei miei rapporti con gli indigeni del luogo.
Il primo giorno sono felice, passa una mezza giornata e mi deprimo, quindi mi agito, subito dopo mi isolo e dopo una settimana lentamente comincio a riguardarmi attorno strabuzzando gli occhi, aprendoli poco a poco nella luce del giorno e poi, buttandomi con coraggio, li spalanco d’un botto e ritrovo gli amici, ritrovo la famiglia e la città che, sebbene con le sue ostilità e difficoltà, amo.
Dura una settimana, lo so e ci sono abituata.
Dura una settimana che, a ben pensarci, potrebbe essere il tempo di percorrere con una carrozza la strada che da Parigi porta a Palermo. Non è casuale, anzi mi sembra un chiaro segnale di come i tempi accelerati in cui viviamo ora avrebbero bisogno di una frenata nel passaggio brusco da una città, da una vita, da persone ad altre completamente diverse.
Ci sarebbe veramente bisogno di una carrozza che con il suo incedere lento segni ora dopo ora, giorno dopo giorno, il lento cambiamento di paesaggio, di ambiente, di persone, di abitudini.
Tutto questo per noi gente frettolosa, gente occupata, non è possibile. Noi, che non abbiamo più del vero tempo libero, solchiamo i cieli con aerei macinando distanze che non sono umane e ci costringiamo a cambiamenti repentini scordandoci del tutto del tempo dell’anima, che è proprio quello di una carrozza che con il suo incedere lento segna il cambiamento anche dentro di noi.
Cara LauLau, l’immagine della carrozza come misura del “tempo dell’anima” è geniale! Inutile dire che condivido al mille per cento il concetto. Che sei brava te l’avevo già detto? (ehehe)