la voce di Amy Winehouse
Capelli cotonatissimi e occhi tratteggiati da quintali di eyeliner, un broncio perenne e la promessa di non fare mai più pace con la vita: così appariva Amy Winehouse, trovata morta sabato 23 luglio nel suo appartamento a Campden Square di Londra a soli 27 anni. Probabilmente, a stroncarla un cocktail di farmaci e droga. In bilico tra jazz, soul, rock e hip pop, Amy Winehouse dà una scossa al panorama musicale femminile, ma fin da subito appare un’autentica miniera d’oro per i tabloid scandalistici: perde un canino durante una rissa in un club londinese, aggredisce un fan che la ossessiona senza ricorrere al bodyguard, sospende un concerto alla Brixton Accademy di Londra dopo che, ubriaca fradicia, ha vomitato sul palco. Durante un talk show americano chiede qualcosa da bere e sputa in diretta quando si accorge che nel bicchiere c’è solo dell’innocua acqua minerale.
Le sventure sono artefici del suo successo, come lei stessa racconta nelle sue canzoni, amori finiti male, disturbi alimentari, depressione. Contenute in fragili involucri, tante anime fragili come quella di Amy, scivolano nella vita portandosi dentro i segni di una vita forte che ha fatto più male. Con movimenti leggeri, il corpo esile e gli occhi truccati, bisognava forse cogliere nella sua musica un’esistenza mimetizzata. Reagiva e aggrediva per non fare capire che dentro qualcosa si stava rompendo, mandando in frantumi i piccoli edifici del suo giovane universo interiore, riempito invano da droghe e cibo.
Ascoltando la voce ruvida e profonda di Amy, dal timbro caldo e graffiante che le sigarette e la vita da club avevano reso ancora più seducente, si sente affiorare il demone di una fragilità incapace di controllo, capace di andare oltre senza paura di rischiare, indifferente anche alla morte. Premere a fondo un acceleratore e andare verso il vuoto, perché perdersi è quasi una salvezza quando vivere diventa un’impresa troppo grande, e il buco interiore era certo diventato una voragine che non si poteva più riempire, nemmeno implorando con tutta la forza di una voce come la sua, che nulla aveva da invidiare alle grandi Ella Fitzgerald e Billie Holiday.
Mi è piaciuto molto questo articolo, Daria, come mi piaceva Amy. Nonostante il suo delirio di autodistruzione,anzi forse per l’oscuro fascino che questo emana. Così questa “cattiva ragazza” dalla voce straordinaria ha raggiunto nel club dei “forever young” Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain, Brian Jones. Tutti morti a 27 anni. Tutti maledetti. Tutti poeti.
Una grande voce che non sentiremo più. Una giovane fragile donna sempre in rotta di collisione con la vita. Bell’articolo. Era giusto ricordarla.