Il calendario della comunità’
“”Pochi oserebbero modificare il calendario delle tradizionali feste religiose, mentre per le feste civili gli spostamenti sono tutto sommato semplici, accettati, anche se non privi di rischi. Questo si spiega in parte con la difficoltà di costruire una sacralità laica di fronte a una sacralità trascendente, un problema già evocato da Emile Durkeim all´inizio del secolo. Sappiamo per certo che ogni presa di potere si caratterizza, dal punto di vista simbolico, con il tentativo di dominare lo spazio e il tempo, laddove l´elezione di luoghi emblematici è certamente più agevole di quella che vuole consolidare date comuni e condivise da tutti. Ne ha ampiamente scritto Jacques Le Goff citando l´esempio dei campanili. Per la Chiesa il controllo del tempo non avviene solo attraverso il calendario, ma anche con la cadenza delle singole ore.
(…) La sacralità laica è spesso fragile. Senza riferimenti religiosi, il sacro può trovare fondamento solo nella storia e nella coscienza comunitaria. (…)
Questa ritualità laica non significa solo una mera ripetizione in date prefissate. In ogni festa nazionale è implicitamente racchiuso, un messaggio di ripartenza per l´intera collettività. Per l´Italia è il passaggio alla Repubblica il 2 giugno, dopo la seconda guerra mondiale, in un periodo di entusiasmo popolare. Per i francesi è il 14 luglio, con il ricordo della rivoluzione e le importanti riforme seguite, anche se alcune poi smentite o in parte cancellate nei periodi successivi.
(…) Ma la decisione italiana di spostare la data di una o più feste civili rischia di colpire profondamente la simbologia di una nazione e dovrebbe perciò essere respinta. Così come nessuno accetterebbe di avere il suo compleanno spostato di qualche giorno.”
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