tra le pieghe della manovra finanziaria

8 settembre 2011 di: Simona Mafai

C’è stato qualcosa di positivo nella baraonda di proposte e controproposte relative alla manovra finanziaria presentata dal Governo e votata al Senato? Con un po’ di coraggio, voglio dire «sì». Ed è il fatto che per alcune settimane milioni di italiani – volenti o no – hanno messo il naso nei meandri dei conti dello Stato, hanno visto contrapporsi interessi di categorie professionali e gruppi sociali, venendo a conoscenza di fatti poco noti o ignoti del tutto. Qualche esempio.

Chi sapeva che le somme che si dovevano riscuotere dal cosiddetto “condono tombale” del 2002 (nove anni fa!) non erano state compiutamente riscosse? Il recupero delle somme mancanti (che secondo la Corte dei Conti dovrebbero ammontare a 4 miliardi) dovrebbe essere eseguito anche “coattivamente” entro il dicembre di quest’anno.

Altro esempio: il 64% degli yatch che circolano nei nostri mari (ed in quelli del mondo) risultano acquistati da cittadini nullatenenti, ultraottantenni, o da società di fatto (dalle quali i veri proprietari li prelevano in leasing, sottraendone il calcolo dai loro patrimoni personali). La stessa cosa per auto di lusso ed anche immobili. Su tali “società di comodo” dovrebbero essere operati ora particolari controlli, aumenti dell’Ires, ed eventualmente cancellazioni.

Notizie interessanti giungono dalle misure “cancellate”. Non ci sarà un’asta pubblica (era stata proposta dall’opposizione) per l’assegnazione delle nuove frequenze agli operatori Tv (asta che avrebbe potuto fare incassare somme notevolissime). Le farmacie continueranno a godere di numero chiuso, come anche i servizi di taxi e noleggio: le corporazioni relative si sono opposte alle misure di liberalizzazione previste nelle prime bozze della manovra, per sollecitare una possibile “crescita”. Niente liberalizzazioni, niente concorrenza.

Una battaglia con molti protagonisti si è svolta attorno al cosiddetto “contributo di solidarietà” . Era stato proposto di applicarlo (consentendone la deduzione nella dichiarazione dei redditi, e con percentuali rispettivamente del 5 e del 10%) ai percettori di redditi annui superiori a 90.000 e 150.000 €, e solo in relazione alle somme eccedenti tali limiti. Resistenze, richieste di cancellazione o riduzione, sono state incalcolabili: si è concluso con la decisione di tassare solo i detentori di un reddito superiore ai 300.000 €, con un prelievo del 3% sulle somme eccedenti tale limite. Una curiosità: quanti sono i cittadini che dichiarano un reddito superiore ai 300.000 € l’anno? 34.000. Pochini, vero? Sorpresa: in realtà tale tassa da quest’anno è già pagata dai dipendenti statali ed in percentuale maggiore. Infine la misura forse più pesante (richiesta dalla Comunità europea): l’aumento dell’età pensionabile per le donne (a cominciare dal 2022).

Da segnalare una briciola positiva: le imposte sugli interessi maturati da depositi bancari e postali, libretti di risparmio, ecc. (che riguardano piccoli risparmiatori) scendono dall’altissimo 27% vigente al 20%; mentre le tasse sui redditi da capitale salgono dall’attuale modesto 12,5% al 20%.

Queste sono solo alcune spigolature nella immensa giungla della “manovrona” di 54 miliardi per il pareggio del bilancio. In una situazione economica grave, e che esigeva indubbiamente tagli e prelievi, siamo stati tutti, se non partecipi, almeno spettatori di un travaglio sociale complesso, di uno scontro tra interessi di categorie e gruppi sociali, e delle diverse responsabilità di chi governa e di chi sta all’opposizione. Pur con tutti i suoi risultati amari (forse qualcosa ancora cambierà) abbiamo assistito (dimenticandoci per una volta del bunga bunga e dintorni) ad una vivente democrazia.

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