tre donne per la pace
Leymah Gbowee, avvocata liberiana, ha promosso, e vinto, una campagna contro la guerra civile mobilitando le donne di villaggio in villaggio, con veglie di preghiera e digiuni, ma anche con la proposta di attuare la strategia di Lisistrata (non realizzata, ma che è servita a dare visibilità al movimento); Tawakkol Karman, yemenita, giornalista e attivista per i diritti umani, è tra i leader del movimento rivoluzionario non violento contro il regime di Saleh, in un paese in cui la sola presenza delle donne in un movimento politico è già rivoluzionaria. Altre donne, prima di loro, hanno conseguito il Nobel per la pace, da Shirin Ebadi ad Aung San Suu Kyi, e chissà quante, che non conosciamo, lo meriterebbero: tutte quelle che , giorno per giorno, in tutti i paesi del mondo, spesso da sole, disprezzate, discriminate, lavorano senza sosta, tirano su bambini, lottano senza tregua per la vita e il benessere delle persone che amano, senza ricevere nessun riconoscimento, neanche da loro…
Tutto questo porta a chiedersi se le donne, con le loro parole così terrene, con il loro fare e rifare il mondo partendo da sé, hanno maggiori capacità e possibilità degli uomini nel costruire processi di pace, ”dal basso” e collettivamente, attraverso la forza della non-violenza. C’è un libro che affronta senza facili generalizzazioni questi temi, a me è piaciuto molto e lo segnalo: “Donne disarmanti-storie e testimonianze su nonviolenza e femminismi” a cura di Monica Lanfranco e Maria G. Di Rienzo, edizioni Intra Moenia.
la descrizione di un pezzo di mondo che spinge all’ ottimismo, bisognerebbe sempre,in questi anni bui parlare di donne e di modelli che siano di esempio.
Parliamo di donne importanti, parliamo di pace, di donne eccezionali. ne parlate poco, anzi non sempre ne parlate.
si giovanna ha ragione parliamo di donne magnifiche, di donne che non fanno le veline, che non amano i soldi, che ci illudiamo che un giorno formeranno anche una maggioranza parlamentare.