i miracoli non succedono, oppure si
«I miracoli non succedono nel mio quartiere» dice Arletty, la brava moglie di Marcel Marx nel film Miracolo a Le Havre di Kaurismaki, quando il medico dell’ospedale le comunica di avere poche settimane di vita, a meno che non si verifichi un miracolo. E’ una donna pratica Arletty, che si prende cura del marito che ha scelto, un lustrascarpe bohemien di cui conosce e accetta le debolezze. Non fa domande che esulino dal suo diretto interesse, né al marito né al dottore, e anche all’orfanello africano che le recapita un pacco, chiede solo le notizie essenziali per sé e la sua storia. E’ ricercato quel bambino, come un pericoloso malvivente, da pattuglie ben addestrate di poliziotti francesi capeggiati da un incredibile Jean-Pierre Darroussin nei panni del commissario Monet, sempre in trench, cappello e occhiali neri come la macchietta di un film giallo americano.
E maschere grottesche sembrano anche gli altri personaggi, gli avventori del bar del quartiere o gli altri negozianti che vivono in un mondo fuori dal tempo, dove gli oggetti vintage collocano la storia in un vecchio presente. Il clima surreale del racconto è supportato da una fotografia nitida ed accurata da pittura iperrealista, in cui si intrecciano le vicende umane di questi perdenti che sanno vivere con serenità ed ironia le difficoltà a volte assurde che la vita riserva loro. Chissà se gli spettatori usciranno dal cinema con un’alzata di spalle o con un sorriso, in un momento in cui i problemi legati all’immigrazione clandestina continuano ad animare dibattiti giornalistici e no?