2 gennaio 2012
di:
Ricerca Fotografica- testo di Mariachiara Di Trapani
La più grande scuola femminile dell’Afghanistan è a Herat: 13mila ragazze e bambine studiano nelle aule fatscent che non bastano mai, negli scantnat pieni di scorpioni, nelle tende gelide © Monika Bulaj
“ Nur / Luce” è il titolo dell’ ultimo progetto della fotoreporter Monika Bulaj. Fotografa e documentarista di origine polacca, italiana per scelta ( vive a Trieste) e afghana per vocazione. Un’ artista che da sempre concentra la sua ricerca su progetti a lungo termine tesi al racconto della realtà oltre i confini dell’Est europeo. In tre diversi momenti, dal 2009 ai primi mesi del 2011, Monika Bulaj viaggia attraverso l’ Afghanistan, dal confine con l’ Iran a quello cinese. Mimetizzata dal burqua si sposta in un terreno minato -“dove le speranze di sopravvivere aumentano se qualcuno percorre la strada prima di te”- spesso sola, aiutata da gente di passaggio, accolta e guidata da gruppi di donne nei villaggi, si muove a piedi, in bus, sul dorso di cavalli, yak, in taxi, camion… L’ essere donna si rivela un privilegio che le permette d’essere ammessa dove ai maschi è proibito. Con la sua Leica, Monika Bulaj, non mostra il presente tangibile di un paese in guerra, non ci sono soldati, pistole o segni visibili del conflitto, lo si percepisce nelle foto come presenza implicita. Con il suo obiettivo s’ immerge nell’essenza della cultura e delle tradizioni millenarie di questo paese e delle sue minoranze. Senza retorica, dà un nome e un volto agli invisibili, recupera memorie e storie prima che la guerra le annulli per sempre. Racconti visivi in cui coglie la dignità e l’ eleganza racchiuse nei gesti, nei movimenti e nella profondità liquida degli sguardi di donne, bambini e dei pochi uomini ritratti. Con sensibile e caparbia volontà racconta il quotidiano e la spiritualità della gente che vive tra le valli a nord del Panshir, Herat, Kabul, il Badakhsha…Per mesi è ospite in case di argilla e fango, tra le baracche della periferia di Kabul, tra i Kuci che vivono accampati in buche nella terra.
In Nur, si alternano come in una danza immagini dai toni ocra degli ampi paesaggi, in cui la forza del soffio del vento solleva nuvole di polvere e rende ondeggianti le pesanti stoffe blu dei burqua, ad interni bui. In piccole abitazioni di fango, in cui si hanno strette fessure per finestre, dall’ oscurità emergono le pupille smarrite di chi attutisce i morsi della fame con l’ oppio. Monika Bulaj compone singoli ritratti e primi piani- soprattutto donne e bambini- in cui le figure affiorano dolcemente dall’ ombra, intense e raccolte come in certi quadri di Vermeer. Altre volte ne cattura la profondità degli sguardi in taglienti chiaroscuri. Non mancano le immagini corali come i momenti di gioco delle bambine della minoranza Jugi vendute come prostitute per gli uomini d’affari afgani, o la distesa di neri chador all’ interno delle aule della più grande scuola femminile dell’Afghanistan ad Herat, dove tra il gelo e gli scorpioni, 13mila giovani studentesse hanno la possibilità d’ imparare.
Visitare la mostra Nur (Luce) in corso a Roma fino al 15 gennaio, presso Officine Fotografiche, significa intraprendere un viaggio fotografico attraverso frazioni di regioni di frontiera che non esistono sulla mappa, ed immergersi in un tempo presente messo a fuoco dall’ artista in un intreccio di volti, storia e memoria.
Info. Officine Fotografiche via Giuseppe Libetta, 1 Roma
http://www.officinefotografiche.org/Contatti.aspx