i tentacoli della mafia non conoscono confini
Allarme anche in Umbria, crocevia dei traffici internazionali di droga, armi e donne dall’Est.
“La mafia è cosa dei siciliani”. Sono tanti, ancora troppi, che lo credono. Soprattutto nelle regioni in cui il fenomeno della criminalità organizzata non è così sviluppato da creare un forte allarme sociale. Come nei primi anni dell’espansione mafiosa in Sicilia, quando chi non aveva niente a che fare con i criminali pensava che “in fondo si ammazzano fra di loro”. Abbiamo visto com’è andata a finire e molti temono che anche nel centro-nord si commettano gli stessi errori. La situazione fotografata da Libera nel primo dossier sulle infiltrazioni mafiose, però, indica chiaramente che l’Umbria non è più un “covo freddo” come si pensava. Ne è una conferma l’operazione “Apogeo” del 14 settembre che ha sgominato il tentativo dei Casalesi di investire i loro proventi di attività illecite nell’edilizia umbra.
Sono 300 gli appartamenti di Ponte San Giovanni, uno dei quartieri più popolosi di Perugia, sequestrati dalla magistratura in quell’operazione. Il 24 gennaio scorso, a pochi mesi dal loro sequestro, sono stati resi alla Palazzetti Costruzioni. Da allora l’allerta sulle mafie in regione è salito: i cittadini si sono mobilitati in assemblee ottenendo l’istituzione della Commissione antimafia regionale e le autorità cittadine hanno garantito che spesse mura sarebbero state innalzate per contrastare la criminalità organizzata. Gli affari più lucrosi per le mafie in Umbria sono i traffici: la sua posizione geografica, al centro d’Italia e vicina all’Europa, rende la regione lo snodo ideale per droga, rifiuti, armi, esseri umani. In Umbria, infatti, arrivano la cocaina dalla Colombia e le ragazze dell’est Europa da avviare alla prostituzione.
Qui mafia, camorra e soprattutto la ‘ndrangheta sono presenti con l’usura, più che con il pizzo e l’omicidio. La situazione di crisi economica non fa altro che aumentarne il bacino di potenziali vittime. Chi non riesce ad accedere al credito legale è allettato dal denaro “sporco”, anche se è una polpetta avvelenata per famiglie e imprenditori. Nel 2011 sono stati 160 i proprietari di aziende che hanno chiesto aiuto alla Fondazione umbra contro l’usura, ma tanti hanno paura di denunciare gli strozzini. Un numero in forte crescita che rappresenta solo la punta emersa del fenomeno. Ma, come sostiene il presidente di Sos impresa Lino Busà, «quello umbro è un fenomeno in linea con il dato nazionale». Bene l’attenzione in regione, dunque, ma serve una presa di coscienza in tutto il Paese.
(Perugia, cantieri contestati a Ponte S.Giovanni e infografica dei traffici)