chi ha paura degli intellettuali
Succede, a volte, di imbattersi in pagine quasi dimenticate e di trovarle attuali. Ho riletto un articolo di Pier Paolo Pasolini pubblicato sul “Corriere della sera” del 14 novembre 1974, con il titolo “Che cos’è questo golpe?”.
Pasolini ha citato alcuni fatti storici italiani avvolti in una nebbia di mistero. Non li ha potuti citare tutti, dopo di lui ne sono accaduti molti altri. Fatti che sembrano avere una comune matrice. Fatti che rimangono avvolti nel mistero. L’Italia Paese favoloso e di favole raccontate e vissute. Favole noir. Ed ho riflettuto, quasi d’impeto, sul nostro paese: gli italiani, da almeno quindici anni, da quando cioè è intervenuta la mia osservazione del fenomeno sociale, hanno avuto scarsa considerazione per la cultura, il bel parlare ed il corretto scrivere. Ho notato orde di ragazzini, sobbillati dagli adulti, stringersi in abiti griffati e accessori costosi, muoversi come sulle passerelle e parlare come stranieri. Ho pensato a Pasolini e all’emarginazione, infida, in cui si trova isolato chi parli bene, chi ami lo studio e la lettura, chi sia bravo studente e, addirittura, chi vada a teatro. Ho notato lo stesso isolamento riservato a scrittori, giornalisti ed intellettuali. Non certo quelli venduti al padrone di turno. Voci isolate, fuori dal coro, spesso considerate visionarie e per questo di nessun conto. L’intellettuale e’ pericoloso. Pasolini lo dimostrò. L’intellettuale osserva e riesce a mettere insieme i pezzi. E riesce a farlo talmente bene da riuscire a leggere tra le righe, a carpirne i segreti. Fa paura. L’intelligenza fa paura, disarma, spoglia, è libera.
Pier Paolo Pasolini, “Corriere della sera” 14 novembre 1974, “Che cos’è questo golpe?”
«Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpe, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum. Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere….. »
Pier Paolo Pasolini fu brutalmente ucciso nella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975 a colpi di bastone e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia. Anche la sua morte è un mistero.
Quando è morto Pasolini io ero una ragazzina ora sono una donna sola che si apparta volontariamente dal mondo perchè trova attorno una volgarità deflagrante e invadente, quest’articolo in una giornata di solitudine mi fa riflettere e mi consola.
Ottimo articolo, non soltanto perchè riporta le parole di Pasolini, ma perchè mette in risalto quello che secondo me e secondo molti è il male dei tempi: la volgarità.
Pasolini era un genio, uno di quei personaggi dieci anni avanti rispetto ad altri. E’ giusto ricordare la sua figura emblematica, seria, di persona che non esitava a denunciare. Per questo morì in modo brutale, e noi gli dobbiamo il massimo rispetto. Bell’articolo, complimenti ad Angela.
Gli intellettuali rappresentano il pensiero di un popolo, di una nazione… mi dispiace vederli divisi tra pensatori di destra o di sinistra, anzi mi rattrista, perchè spesso siamo noi che li rendiamo di parte. Un pensatore è libero per definizione. Non credo che nelle sue elucubrazioni si ponga il problema se sta formulando un pensiero di destra o di sinistra…. lo fa e basta. Si preoccupa soltanto di una qustione, morale, sociale o di qualunque altra natura. Ero piccolo ma ricordo perfettamente la vicenda Pasolini. Dava fastidio a molti.
Parafrasando il suo pensiero: “Io conosco i nomi di chi ci governa oggi”
Ad maiora.
Ringrazio tutti per l’attenzione per quella che considero una riflessione. Condividere i pensieri ci accomuna ai simili ed “emargina” i dissimili. Sembra una ricetta omeopatica. Ovviamente, mi riferisco ai “barbari”, perchè considero le “diversità” una scommessa, a volte, ma anche un arricchimento. Ancora grazie. Angela
Ottimo articolo, Angela.
Lo sguardo analitico, lucido, talvolta spietato di Pasolini ci ricorda che dovremo essere più affamati di cultura, intesa non come mero accumulo di istruzione, ma come una sorta di lente d’ingrandimento che ci consente di analizzare profondamente la società e la nostra capacità di relazionarci e di creare conversazioni.
Ciò che noto maggiormente in gran parte dei giovani (per fortuna non tutti), nonostante un uso massivo dei social network, è l’incapacità di dialogare e di affrontare discussioni.
Complimenti.